Bonanni: il governo pensi a rinnovare i contratti pubblici fermi da sette anni Esentati dalla stretta le forze di polizia, dei vigili del fuoco e le Rsu
ROMA . Scatta il taglio del 50 per cento dei permessi e dei distacchi sindacali retribuiti nel pubblico impiego. E dal primo settembre circa un migliaio di ex sindacalisti a tempo pieno dovrà tornare a lavorare negli uffici. Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha firmato la circolare che precisa le modalità di applicazione della norma che fa parte del primo pacchetto di misure sulla riforma della pubblica amministrazione entrate in vigore nei giorni scorsi. «È il segno — ha commentato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi — che il governo fa sul serio anche su questo fronte».
Malumori tra i sindacati che hanno dovuto ingoiare da tempo la decisione del governo. Perché è evidente che il taglio dei permessi è un altro capitolo della sfida lanciata da Renzi alle grandi organizzazioni sindacali, ma soprattutto della sufficienza con cui il governo ha scelto di trattare con Cgil, Cisl e Uil. Non solo la concertazione è stata seppellita, ma anche i toni della polemica sono lontani dal tradizionale fair play del confronto governo-sindacati, nonostante una significativa quota degli iscritti a Cgil, Cisl e Uil (pensionati in testa) sia tra gli elettori del Partito democratico.
E dunque i commenti sindacali alla circolare della Madia non nascondevano ieri il disappunto più per il metodo del governo che per il merito della decisione. «Non sarà certo l’ennesimo taglio dei distacchi sindacali, che peraltro la Cisl non ha contrastato, a risolvere i problemi della pubblica amministrazione », ha dichiarato Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl che nel pubblico impiego ha sempre avuto la sua principale fonte di consenso. «Ma ora basta con la demagogia e il populismo: ci aspettiamo dal governo che rinnovi i contratti dei pubblici dipendenti fermi scandalosamente da ben sette anni». E Michele Gentile, responsabile dei settori pubblici della Cgil: «Chiaramente il taglio dei distacchi ci metterà in difficoltà, ma siamo forti e continueremo ad esercitare la nostra funzione sindacale. Non abbiamo condiviso la decisione e continueremo a farla ma siamo tenuti ad applicare la legge ». Il segretario generale aggiunto della Uil, Carmelo Barbagallo, ha detto che non ci sarà alcun beneficio per le finanze pubbliche. «Non c’entra nulla con la spending review. Anzi, il rientro dei distaccati comporterà un aumento dei costi per le casse dello Stato, perché occorrerà pagare a questi dipendenti anche il salario accessorio, i buoni pasto e la produttività». Insomma non cambierà moltissimo dal punto di vista dei costi perché nel pubblico impiego il sindacalista distaccato non solo mantiene il posto di lavoro ma viene retribuito dall’amministrazione e non dal sindacato. Nel privato chi passa all’attività sindacale a tempo pieno non perde il posto di lavoro ma viene retribuito però dalla stessa organizzazione sindacale.
Il taglio dei distacchi non si applicherà alle forze di polizia e ai vigili del fuoco. Per queste categorie, in sostituzione della riduzione del 50 per cento, viene stabilito che alle riunioni sindacali indette dall’amministrazione di appartenenza possa partecipare un solo rappresentante per associazione sindacale. Nessun taglio anche per le prerogative delle Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) in quanto sono espressione dei lavoratori e non dei sindacati. ( r. ma.)
Repubblica – 26 agosto 2014