Il precedente orientamento ministeriale in materia di pubblicità sanitaria “alla luce della diversa interpretazione della Suprema Corte appare definitivamente superato, potendo affermare che l’intera materia della pubblicità sanitaria resta assoggettata alle disposizioni introdotte dalla Legge Bersani senza operare alcun distinguo tra le società di persone e le società di capitali”.
Questo il tono della nota ministeriale recentemente diramata con in allegato il testo della sentenza n. 3717 del marzo scorso: pronunciamento peraltro già commentato sul Numero 3 – Anno 2012 di “30giorni” con un articolo dal titolo “La Legge Bersani vale anche per le società”.
La Direzione Generale del Ministero ha rammentato che, in ragione di un precedente indirizzo, aveva ritenuto di evidenziare che il divieto di svolgere pubblicità in materia sanitaria non operava più nei confronti dei singoli liberi professionisti e delle società di persone, ma soltanto nei confronti delle attività professionali svolte in forma societaria.
Per il Ministero “le società di capitali, essendo caratterizzate dalla figura del socio di mero capitale, figura non prevista dall’art. 2 della legge 248/2006, rimanevano soggette alle norme della pubblicità sanitaria di cui alla legge n. 175 del 1992”.
A confutare questa interpretazione, la Cassazione ha invece affermato che l’abrogazione contenuta nel Decreto Bersani delle norme sulla pubblicità sanitaria “prescinde dalla natura (individuale, associativa, societaria) dei soggetti rispetto ai quali rileva l’esercizio della professione sanitaria, atteso che la stessa è attuativa dei principi comunitari volti a garantire la libertà di concorrenza e il corretto funzionamento del mercato”.
autore: Ufficio stampa Fnovi – 10 maggio 2012