Procura della Repubblica di Venezia. Una decisione suggerita dalle notizie filtrate nell’ambito dell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova che sta evidenziando un ventaglio di illegalità decennali, con abusi e distorsioni nelle dinamiche di mercato legate alla costruzione del Mose (il sistema di dighe mobili in laguna il cui costo finale è stimato in 6 miliardi di euro) nonché intrecci tra affari e politica culminati in fondi neri e finanziamenti illeciti.
Ma che c’entra in tutto questo il nuovo polo ospedaliero in programma a Padova? Il riferimento, contenuto nelle carte all’esame degli investigatori, corre a una cena alle Calandre, rinomato ristorante di Sarmeola, che l’8 giugno 2011 raccolse intorno a un tavolo l’anfitrione Giovanni Mazzacurati e Pio Savioli – all’epoca presidente e consigliere di Venezia Nuova, ora detenuti con accuse pesanti – e in qualità di ospiti il sindaco di Padova Flavio Zanonato, il rettore del Bo Giuseppe Zaccaria e l’allora segretario generale della sanità veneta Giancarlo Ruscitti. Una riunione, spiegano i commensali, dedicata a discutere il futuro del progetto ospedaliero. «Avendo ricevuto un preciso mandato dal Senato Accademico e dalla Facoltà di Medicina di portare avanti la linea dell’imprescindibile necessità di dare a Padova una nuova struttura ospedaliera degna delle tradizioni della Scuola Medica e funzionale alle esigenze della città e della Regione, non mi sono sottratto in alcuna occasione ad incontri con chiunque si mostrasse favorevole alla costruzione di un nuovo Policlinico», la motivazione addotta in una nota da Zaccaria, lesto a precisare che «Né l’Ateneo né il Rettore hanno mai preso posizione sulle modalità tecniche e finanziarie di un’eventuale appalto, tutte queste ultime di competenza esclusiva della Regione». Più irritata la reazione di Zanonato. Il ministro dello Sviluppo economico, che aveva commentato la pubblicazione della notizia annunciando una querela via Twitter («L’informazione non è diffamazione, sono stato inserito in un contesto estraneo»), ieri ha motivato sul piano istituzionale la sua partecipazione alla cena, ribadendo la polemica verso i media: «Mi sono battuto da anni per il nuovo ospedale di Padova e ho cercato di capire se realisticamente si poteva fare accompagnandomi ad un altro grande soggetto che è l’Università. Perciò mi ha dato molto fastidio essere inserito in un ambiente indicato come torbido in cui solo l’accostamento a certe persone crea un problema. Si tratta di comportamenti scorretti, non legali fino in fondo, di certi giornali che ho smesso di leggere». Ma perché l’ingegnere Mazzacurati, a capo del pool concessionario unico della faraonica opera idraulica a Venezia, avvertì il bisogno di affrontare il tema ospedale? Da quale interesse muoveva la sua iniziativa? Il sospetto di finalità trasversali è forte, acuito dalla presenza di Savioli, definito dalla Procura un collettore di fondi neri. E ancora, i dubbi circa pressioni sulla Regione per accelerare o condizionare il progetto che nella versione iniziale, sottoscritta anche dal rettore Zaccaria, prevedeva mille posti letto “estendibili” e un campus universitario sull’area dall’attuale complesso Giustiniani con costi intorno a 1,2 miliardi. Tant’è. Un mese e mezzo dopo la fatidica cena, Luca Zaia comunicò la decisione di Palazzo Balbi: via libera a un nuovo «ospedale europeo», snellito a mille posti “fissi” e senza più campus per 650 milioni di spesa, da realizzarsi entro il 2016 a Padova Ovest, anziché in centro, con l’Azienda ospedaliera stazione appaltante dell’accordo di programma. Ora il governatore, che della trasparenza fa il suo biglietto da visita («Io di appalti non mi occupo né mi occuperò») ricostruisce nel dettaglio il processo decisionale che culminò nell’approvazione del progetto. L’obiettivo del dossier trasmesso ai magistrati è rimarcare l’autonomia e la correttezza che ispirarono la scelta, affidata a un pool di tecnici coordinati dal top manager Domenico Mantoan. Carta canta etc etc, il teorema di partenza.
Il Mattino di Padova – 29 luglio 2013