Dai farmaci ai carburanti puliti tutti i possibili impieghi. L’alfabeto della vita si arricchisce di due nuove lettere. E da quattro basi, quelle con cui da sempre la natura scrive le istruzioni per la vita nella doppia elica del Dna, passa a sei. Lo annuncia oggi la rivista Nature, che ai risultati della ricerca di un gruppo di biologi americani dedica copertina e numerose pagine interne.
Gli scienziati sono infatti riusciti a costruire in laboratorio due basi del Dna del tutto artificiali, ma capaci di entrare in una cellula e di comportarsi come le quattro naturali. Qui non si tratta di Dna artificiali scritti con le lettere di sempre, ma di nuove lettere con cui scrivere parole tutte da inventare, che finora in natura non erano mai esistite.
Il Dna di tutti gli esseri viventi
del nostro pianeta, dai batteri alle balene, è una lunga stringa di istruzioni scritta con quattro lettere soltanto, tecnicamente chiamate basi, che per semplicità si abbreviano con A, T, C e G. Queste istruzioni, cioè queste lunghe sfilze di ATC e G variamente alternate, servono a costruire le proteine: proteine che fanno comunicare le cellule, che danno loro una certa struttura o una funzione piuttosto che un’altra e così via. Sin dagli anni Sessanta si cerca di capire se sia possibile riprodurre in laboratorio un sistema simile con l’obiettivo di aumentare la complessità dell’informazione genetica, quindi di scrivere istruzioni per proteine nuove con cui costruire farmaci, materiali, tessuti e carburanti puliti che adesso non possiamo nemmeno immaginare. Ma solo oggi ci siamo arrivati. O meglio: siamo arrivati a dimostrare che la strada è buona e un altro alfabeto è possibile.
La vera novità di questa ricerca non è tanto l’aver costruito oggetti chimici simili a quelli naturali presenti nel Dna, ma essere riusciti a ingannare una cellula fino a farle ospitare l’alfabeto espanso della vita. Le due nuove lettere sono state infatti prima di tutto infilate in una struttura di Dna circolare e vagabonda chiamata plasmide. Questa, un cavallo di Troia della genetica, è stata fatto entrare in una cellula batterica: un semplicissimo Escherichia coli di quelli che a milioni di miliardi abitano nel nostro intestino. Qui il plasmide ha trovato enzimi e strutture cellulari abituate a maneggiare il solito Dna, che da miliardi di anni operano sempre, più o meno, nella stessa maniera. Ma non è successo niente di particolare. Anzi: il pezzettino di Dna scritto coi caratteri nuovi è rimasto al suo posto ed è stato correttamente replicato, come quello naturale.
Prima di porsi grandi obiettivi – e grandi, e ovvi, problemi di etica o di brevettabilità dei nuovi prodotti biologici ma artificiali – spiegano cauti gli scienziati, ci vorrà tempo. «Siamo ancora alla ricerca delle leggi universali della biologia – spiega Diego di Bernardo, dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) – che sono ancora più complesse di quelle della fisica».
Ma più nel concreto si tratterà di diventare davvero capaci di costruire nuovi ingranaggi della macchina cellulare. La strada dell’alfabeto espanso appare una delle più promettenti. «I batteri artificiali costruiti finora hanno un Dna in quattro lettere che viene manipolato e ricostruito, per esempio, per far loro produrre biocarburante. Ma in questo modo si rendono più deboli, perché parte della cellula viene impegnata nel nuovo compito e non può più assolvere ai suoi compiti normali », spiega di Bernardo. Con l’alfabeto espanso, invece, potremo costruire batteri sani, che in più fanno quello che vogliamo: «come se parlassero due lingue, invece che una sola». Non solo, questi pongono meno problemi di sicurezza: «Il fatto che si inseriscano due basi diverse da ATC e G serve a garantire che i batteri che costruiremo in questa maniera non possano mescolarsi con quelli naturali». E in più, essendo fatti da lettere artificiali, «la loro replicazione dipenderà da noi: dalla nostra fornitura esterna di mattoncini della vita costruiti su misura». In questo modo, conclude di Bernardo, «potremo mantenerne il pieno controllo»
8 maggio 2014 – Repubblica