All’appello mancano giusto un paio di ministri, ma i loro uffici assicurano che le proposte saranno recapitate a Palazzo Chigi nelle prossime ore. La «spending review« dei ministeri entra nel vivo e le prime risposte sembrano positive.
Quasi tutti sarebbero riusciti a individuare, almeno sulla carta, i risparmi chiesti dal premier Matteo Renzi: il 3% sulla spesa, anche se alcuni con più difficoltà di altri, a cominciare dalla Difesa. Dal taglio delle spese ministeriali dovrebbero derivare nel 2015 tra i 2 e i 3 miliardi, solo una piccola parte dei circa 20 miliardi necessari per la manovra.
Il grosso deriverà dai risparmi attesi sulle altre voci di spesa del bilancio pubblico, come gli incentivi alle imprese e la sanità: la crescita del Fondo sanitario dei prossimi anni (passerebbe dai 109 miliardi attuali ai 115 nel 2016) concordato con le Regioni potrebbe essere leggermente ridotta, «monetizzando» i risparmi che deriverebbero, ad esempio, dall’unificazione delle centrali pubbliche d’acquisto.
Intanto, questa settimana, a Palazzo Chigi cominceranno le verifiche ed i confronti con ogni singolo ministro sui loro piani di risparmio. Dallo Sviluppo Economico, che ha un bilancio di 12 miliardi di euro, potrebbero arrivare oltre 350 milioni: i tagli suggeriti dal ministro, Federica Guidi, riguardano anche gli incentivi alle imprese (senza pregiudicare la loro, imminente, razionalizzazione complessiva). Altri 300 milioni di euro arriverebbero dalla rimodulazione del bilancio del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, anche se il piano del ministro Maurizio Lupi deve ancora arrivare alla Presidenza del Consiglio.
Il ministero della Difesa ha un bilancio imponente, circa 20 miliardi, ma sta incontrando difficoltà nell’individuare nuovi possibili tagli, dopo i 400 milioni operati già quest’anno sugli investimenti e serviti a finanziare il bonus degli 80 euro. Tra le ipotesi avanzate dal ministro Roberta Pinotti, c’è anche quella di anticipare la riduzione del personale delle Forze Armate di 40 mila unità rispetto alla data obiettivo del 2024.
Il ministero della Giustizia, che ha un budget di circa 7,5 miliardi, avrebbe individuato circa 240 milioni di euro di minori spese possibili nel 2015, tra i provvedimenti già presi, che sarebbero confermati, e nuove misure di risparmio: tra queste c’è l’ipotesi di un’ulteriore riduzione delle posizioni dirigenziali del ministero, l’unificazione dei centri di spesa e di gestione del contenzioso, nuovi tagli alle spese di giustizia, a quelle per l’edilizia e l’acquisto di beni e servizi. Il ministero degli Esteri ha presentato a Palazzo Chigi un piano che prevede un risparmio di 108 milioni di euro nell’arco del prossimo triennio. Tra le ipotesi avanzate dalla Farnesina, la riforma delle indennità al personale di servizio all’estero (10,7 milioni di risparmi possibili nel 2015), la revisione di alcuni contributi a organismi internazionali (20 milioni in tre anni), la conferma del blocco del turn-over del personale, da cui, dicono alla Farnesina, sarebbe possibile ottenere un risparmio di 10-15 milioni annui. Sempreché, ha fatto presente il ministro Federica Mogherini, il piano dei tagli non si fermi alle sole spese «rimodulabili», ma aggredisca anche quelle «obbligatorie» (come appunto i contratti di lavoro).
Il ministero dei Beni Culturali è pronto a mettere sul piatto una trentina di milioni di euro, altri 40 sono quelli individuati da Beatrice Lorenzin alla Sanità (a prescindere da quelli relativi al Fondo Sanitario, se si faranno). A Palazzo Chigi sono arrivate anche le proposte dei ministri del Lavoro e dell’Ambiente, e nelle prossime ore dovrebbero arrivare anche quelle dell’Istruzione. Nessuna notizia del piano che sarebbe stato messo a punto dal ministero dell’Interno, uno dei dicasteri più pesanti in termini di spesa pubblica (assorbe circa 20 miliardi), alle prese con il problema del blocco degli stipendi delle Forze dell’ordine, contestato dai sindacati.
Mario Sensini – Corriee della Sera – 16 settembre 2014