Ferie, personale, disorganizzazione. Le ragioni della falsa partenza della vaccinazione contro il Covid-19 sono diverse, ma la vera partita comincia oggi, quando le Regioni proveranno ad accelerare con la prima giornata ufficiale dedicata al personale sanitario e alle Rsa. Fino a ieri sera alle 21 e trenta risultavano effettuate 109.454 vaccinazioni, su 469.950 dosi consegnate. A marzo comincerà la vaccinazione degli anziani: fase ancora avvolta in una nebulosa perché soggetta a troppe variabili, a cominciare dalla quantità di vaccini che sarà disponibile.
Nel corso del vertice tra il premier, i capidelegazione e i membri del Cts ieri sera si è espressa «preoccupazione» per i ritardi, a cominciare da quello della Lombardia. Oggi il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, presiederà il Comitato dell’ordine e della sicurezza pubblica, per valutare la situazione, inseme al commissario Domenico Arcuri. I primi dati vedono la Lombardia in chiara difficoltà, surclassata da Regioni come il Lazio, pronte a rivendicare il primato. La Lombardia si difende, spiegando che non poteva richiamare i medici dalle ferie e annuncia da oggi 6.000 vaccinazioni al giorno nei 65 hub regionali, che dovrebbero salire a 10-15 mila entro pochi giorni. Ancora troppo poco per il sindaco di Varese Davide Galimberti, che attacca: «Numeri inaccettabili, siamo i peggiori in Italia».
Le Regioni più in ritardo sono Sardegna, Abruzzo e Calabria. L’amministrazione governata da Christian Solinas non sembra avere fretta e annuncia che partirà il 7 gennaio. Più complesse le cause del ritardo della Calabria. Le spiega il responsabile Covid Antonio Belcastro: «Ci sono diverse ragioni. Le festività, la scarsità di personale e la scarsa volontà di collaborare di alcuni commissari di aziende ospedaliere». Già, perché con l’arrivo del commissario Guido Longo ci sarà nei prossimi giorni un ricambio completo dei vertici. Belcastro denuncia carenza di personale e annuncia l’accordo con il Rotary Club: «Ci metterà a disposizione 125 medici gratuitamente». Poi rassicura: «Riusciremo a metterci alla pari».
La Liguria è solo al 15 per cento di copertura delle dosi arrivate, ma il governatore Giovanni Toti annuncia che da oggi ne saranno somministrate duemila al giorno. Filippo Ansaldi, direttore della prevenzione e sub-commissario dell’ente ligure Alisa, rassicura: «Abbiamo al lavoro 54 medici, 166 infermieri, 28 operatori sanitari e 56 amministrativi, in 56 linee di produzione. Ferie? Da tempo immemore qui non si fanno né sabati né domeniche. Gli allarmismi sono eccessivi. Presto arriveremo allo standard del 70 per cento». Cifra non casuale, perché tra le prime indicazioni del commissario Arcuri c’era quella di accantonare un «tesoretto» del 30 per cento di dosi, per la seconda vaccinazione, nel caso di ritardi nella consegna.
Le Regioni in ritardo
La Sardegna comincerà a vaccinare il 7 gennaio. In difficoltà Calabria e Abruzzo
Nega difficoltà l’Emilia-Romagna: «Il cronoprogramma va a regime dal 4 gennaio — spiega l’assessore regionale alla Sanità Raffaele Donini —. La fase di rodaggio ci ha consentito di risolvere alcune criticità, tra cui la fornitura di siringhe sbagliate e il tema del consenso informato ai degenti delle Cra, per i quali occorre una ordinanza della Protezione civile. Andremo a regime in questi giorni con una media di circa 8 mila vaccinazioni al giorno, assicurando entro gennaio la copertura per oltre 180 mila tra sanitari e ospiti delle Cra».
Uno dei temi emersi negli ultimi mesi è la difficoltà di amalgamare sistemi regionali diversi, con il consueto rimpallo di responsabilità. Anche sulle vaccinazioni si procede in ordine sparso. C’è chi centralizza e chi, come la Lombardia, dà spazio alle aziende sanitarie. La Toscana è stata l’unica Regione a dare la priorità alle Rsa, rispetto a medici e infermieri. L’Asl 2 di Napoli vaccina anche chi ha già avuto il Covid. In Molise si reclutano volontari, pagati 25 euro lordi dopo il normale orario di servizio. I punti di somministrazione sono distribuiti molto diversamente: il Veneto ne ha 7, la Lombardia 65, Bolzano 8 e Trento 2. Ma proprio quest’ultimo caso, con il Trentino in vetta alle classifiche di vaccinazione, fa capire come non sia solo questione di centri.
E a marzo? Difficile capire cosa accadrà. Aumenteranno i punti di somministrazione, dagli attuali 294 a 1.500 «primule». Non si useranno soltanto le strutture targate Renzo Piano, ma anche farmacie, palestre e medici di base. Eni e Poste stanno lavorando a una piattaforma di tracciamento e forse ci sarà un’anagrafe nazionale. Alcune Regioni (come Veneto e Lazio) hanno già attive app che chiameranno i cittadini al vaccino, altre stanno alla finestra per capire. Anche perché l’altro punto cruciale è il personale. A inizio febbraio arriveranno i 15 mila tra medici e infermieri reclutati via bando da Arcuri.