Oltre 103 miliardi di aumenti netti d’imposta in dodici anni, tra il 2001 e il 2012. In media, quasi 9 miliardi in più per ciascuno dei dodici anni trascorsi dall’inizio del terzo millennio.
E’ questo il più significativo risultato che emerge da un’analisi della Confesercenti sulle manovre di finanza pubblica succedutesi nel nostro paese dalla fine del 2000. Un risultato che spiega altri due fenomeni. Il primo: un aumento di 204 miliardi del gettito complessivo registrato nello stesso periodo (dai 495 del 2000 ai 699 attesi per il 2012). Le maggiori entrate dovute alle manovre, dunque, rappresentano oltre la metà dell’aumento complessivo. Il secondo: un aumento della pressione fiscale di 3,4 punti (dal 41,3% del 2000 al 44,7% del 2012), che porta a quasi 5 punti il divario rispetto al resto d’Europa.
E il futuro non lascia spazio a valutazioni ottimistiche. Secondo le stime ufficiali (Nota di aggiornamento al Def), nel 2012 la pressione fiscale toccherà il 44,7%, con un balzo di 2,2 punti rispetto al 2011. Da un anno all’altro, insomma, gli italiani avranno pagato 35 miliardi in più, per effetto delle tre manovre che si sono succedute da metà 2011. Si tratta di 1.450 euro di aggravio per ciascuna famiglia.Il confronto internazionale ci colloca al terzo posto (dopo Danimarca e Svezia) fra i 27 paesi dell’Unione Europea, con un distacco di ben 5 punti rispetto alla pressione fiscale media. Questo significa che se il nostro livello di prelievo fosse uguale a quello medio europeo, ogni famiglia italiana disporrebbe di un reddito aggiuntivo di 3.400 euro, ossia quasi 10 euro al giorno.
Il futuro – osserva Confesercenti – non sembra lasciare spazio a valutazioni ottimistiche, soprattutto in assenza di una ripresa dell’economia. Sempre secondo le stime del Governo, infatti, nel 2013 la pressione fiscale aumenterà ancora, portandosi al 45,3%. Altri 9 miliardi in più; ulteriori 380 euro a carico di ciascuna famiglia italiana. Inoltre, altre sorprese possono venire dal versante delle imposte locali (regioni, province e comuni), che nel decennio passato hanno registrato un aumento di prelievo del 41% rispetto al 34% del resto della pubblica amministrazione (Stato ed Enti di previdenza). Una “devianza”, questa, che potrebbe trovare conferma in futuro, considerato che la facoltà di aumentare le “imposte proprie” accordata dai decreti attuativi del federalismo fiscale si accompagna alla necessità degli stessi Enti di sopperire ai tagli dei trasferimenti statali.
L’impennata della pressione fiscale si spiega in larga parte con la forte dinamica del gettito, sostenuta da reiterate e spesso rilevanti manovre di finanza pubblica.
Nell’arco dei primi dodici anni del terzo millennio, le entrate della Pubblica amministrazione sono cresciute in termini monetari di oltre 204 miliardi (+41%), guidate soprattutto dall’accentuata dinamica dei contributi sociali (+ 48%). In linea con l’andamento complessivo si sono invece rivelate le imposte dirette (+41%), laddove più contenuti sono stati i ritmi di crescita dell’imposizione indiretta (+35%).
L’aumento di gettito risulta significativo anche in termini reali (oltre il 10% nel complesso), nonostante che nello stesso arco temporale il Pil abbia subito una caduta di quasi tre punti. In conclusione, osserva Confesercenti «dieci anni di manovre dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che l’accanimento fiscale insistere sul fisco ha prodotto sì un aumento gigantesco di gettito che ha impoverito pesantemente famiglie ed imprese».
Dunque «non è accettabile che nelle manovre il fisco abbia pesato per il 70%, mentre i tagli alla spesa pubblica solo per il 30%. Questo ci spinge a chiedere di sbarrare al più presto la strada che porta a nuove tasse, mentre va spalancata quella che conduce alla riduzione della spesa pubblica. La pressione fiscale è insostenibile ed è diventata il maggior ostacolo alla ripresa della crescita economica. Distrugge imprese e posti di lavoro, senza peraltro essere in grado di fermare l’avanzata del mostro rappresentato dal debito pubblico.
Confesercenti chiede un’urgente svolta. Nell’immediato va corretto l’errore degli aumenti dell’Iva, sia pure ridimensionati, e va scongiurata una nuova mazzata come l’Imu ,che si scaricherebbe su imprese e famiglie. E’ invece necessaria la detassazione delle tredicesime per evitare il preannunciato tracollo dei consumi, e in questa direzione andrebbero impegnate tutte le risorse disponibili. Al tempo stesso «ci aspettiamo che i partiti, che parlano ormai il linguaggio delle campagne elettorali, si impegnino seriamente e non in modo propagandistico su scelte in grado di far calare la pressione fiscale già nel 2013, intervenendo coraggiosamente sui i tanti sprechi e privilegi che si annidano nelle Istituzioni e nella politica. Ma anche l’attuale Governo non può stare a guardare: convochi quanto prima le parti sociali per un confronto concreto sulla riforma fiscale che ridia fiato alle imprese e famiglie e con esse agli investimenti ed al lavoro, oggi in forte sofferenza».
Repubblica – 19 novembre 2012