Dopo mesi di ritardi, l’Italia sembra aver imboccato la strada giusta per avviare nel modo migliore possibile la gestione dei 31 miliardi di fondi strutturali ottenuti per il periodo 2014-2020.
In attesa delle osservazioni ufficiali della Commissione europea, attese per metà febbraio, arriva da Bruxelles una prima “promozione” informale della bozza di accordo di partenariato che il ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia, ha inviato agli uffici comunitari a dicembre.
Sia chiaro: «Si tratta di una bozza ancora incompleta – mette le mani avanti un’autorevole fonte comunitaria – ma complessivamente è un buon documento». Innanzitutto definisce «una strategia di spesa dei fondi europei coerente con le linee guida della nuova programmazione» sottolinea la fonte. Inoltre l’Italia è uno dei pochi Paesi ad aver indicato nel documento gli obiettivi che intende raggiungere con gli interventi cofinanziati dai fondi europei e i parametri di misurazione per verificarne il raggiungimento. È, quest’ultima, una delle novità più rilevanti della programmazione 2014-2020.
Altro punto qualificante per Bruxelles è lo spostamento «rilevante» delle risorse dalle infrastrutture di trasporto agli interventi per l’innovazione e la competitività delle imprese, e a quelli per l’inclusione sociale e per promuovere la «crescita dell’occupazione sostenibile e di qualità».
Fin qui la parte positiva, quello che nella bozza italiana c’è. Ma tante cose mancano ancora. Prima di tutto manca la distribuzione delle risorse tra programmi nazionali (Pon) e programmi regionali (Por). È stato, questo, a lungo oggetto del contendere tra il ministero e le Regioni, soprattutto quelle del Nord che – nella proposta del ministero – si vedevano sottratta la gestione di circa 2 miliardi destinati a programmi gestiti dal ministero per finanziare interventi per l’occupazione, l’istruzione, le città metropolitane, la “capacity building” e la “garanzia giovani”. Tuttavia, nell’ultima conferenza Stato-Regioni del 2013 ha preso forma un compromesso che dovrebbe aver messo d’accordo tutti. Si trattava, del resto, di un passaggio indispensabile per ottenere il via libera della Ue.
Resta aperto, invece, il capitolo che riguarda le Regioni del Sud. Ad alcune (Basilicata, per esempio) Trigilia ha chiesto un contributo di solidarietà a vantaggio di altre, mafinora non ha ottenuto risposte positive. MaRegio7 L’Accordo di partenariato è il documento fondamentale, richiesto dalla proposta di regolamento comunitario, con cui i Governi definiscono la strategia – risultati attesi, priorità e metodi di intervento – di impiego dei fondi strutturali europei per il periodo di programmazione 2014-2020 (per l’Italia 32,3 miliardi, inclusi gli 1,1 miliardi per la cooperazione territoriale e i 659 milioni del fondo per gli indigenti). La bozza di accordo era stata inviata alla Commissione Ue dall’esecutivo Letta il 9 dicembre scorso. Dopo il primo sì informale, le osservazioni ufficiali di Bruxelles sono attese per metà febbraio ni e ministero ci stanno lavorando ed è presumibile che nel giro di qualche settimana si giunga alla quadratura del cerchio.
Ci sono, infine, altre due o tre cose che Bruxelles chiede al ministro Trigilia di inserire nel testo, prima di inviare le osservazioni ufficiali: la valutazione ex ante; maggiore chiarezza su come si intende rafforzare la capacità amministrativa delle Regioni, che spesso sono il collo di bottiglia in cui si ingolfano le risorse; l’elenco dettagliato delle azioni in cui si articolano gli 11 obiettivi tematici previsti dai regolamenti comunitari. Su quest’ultimo punto, il lavoro dovrebbe essere in una fase abbastanza avanzata, mentre più complessa è la formulazione della valutazione ex ante, un’altra novità rilevante del periodo 2014-2020 e che impone agli Stati membri di indicare qual è lo stato dell’arte in ciascun settore in cui si intendono utilizzare le risorse comunitarie, sia per rendere gli interventi coerenti con le politiche nazionali sia per rendere più agevole la valutazione ex post sul raggiungimento degli obiettivi. Quanto alla capacità amminsitrativa e all’audit, «l’Agenzia è un passo avanti ma non basta».
Tuttavia, nonostante i ritardi iniziali (la Ue aveva sollecitato l’invio della bozza già a metà del 2013), la strada verso l’avvio della nuova programmazione si presenta più agevole: «Il timore – ammettono nei palazzi del quartiere europeo senza nascondere un po’ di sorpresa – era che ci venisse inviato un pessimo draft, come è successo per altri Paesi, comela Spagna a cui abbiamo dovuto rispedire indietro il documento». L’Italia dovrà inviare il testo definitivo entro aprile, in modo che la Commissione lo approvi entro l’estate e i programmi possano finalmente partire.
Il Sole 24 Ore – 4 gennaio 2014