Nel 2013 il Veneto riceverà dallo Stato circa 250 milioni destinati all’edilizia sanitaria. Per volontà del governatore Luca Zaia, queste risorse saranno interamente impiegate nella costruzione del nuovo policlinico di Padova. Scelta strategica, che impone però di reperire altrove i fondi necessari all’adeguamento tecnologico e funzionale della rete ospedaliera. In che modo?
La soluzione più immediata consisterebbe nel reintrodurre l’addizionale regionale sull’Irpef, il cui gettito stimato (150-180 milioni) copre largamente il fabbisogno, ma la consapevolezza della pesante congiuntura sociale in atto ha escluso l’ipotesi sul nascere. Si è deciso così di percorrere una strada inedita: la Regione costituirà un Fondo immobiliare garantito dalle proprietà delle Ulss e nel prossimo futuro presterà loro una cinquantina di milioni l’anno. Il patrimonio della sanità veneta è ingente: duecento appartamenti nella sola Venezia, estensioni terriere nella Marca e nel Vicentino, lasciti testamentari e donazioni di immobili, ospedali e case di cura dismesse nel Polesine, nella provincia veronese, un po’ ovunque. Vincolati a uso sanitario, questi beni hanno un valore di mercato modesto, acuito dal crollo della domanda. Ma se le amministrazioni locali ne cambiassero la destinazione, le Ulss proprietarie sarebbero in grado di ripianare il debito e, successivamente, di autofinanziarsi. Nel frattempo, si ricorrerà alla Cassa depositi e prestiti, che dispone di abbondante liquidità e richiede tassi d’interesse (4%) dimezzati rispetto all’esoso credito privato. L’operazione è stata messa a punto dall’assessore al Bilancio Roberto Ciambetti d’intesa con il collega della sanità Roberto Coletto. Sarà quest’ultimo ad anticiparne i contenuti alla commissione competente, la quinta, convocata oggi a Palazzo Ferro-Fini dal presidente Leonardo Padrin. La seduta si annuncia di per sé impegnativa: il Governo ha sollevato un conflitto costituzionale su due articoli del nuovo Piano socio-sanitario che riguardano l’approvazione delle schede di programmazione territoriale e la nomina del direttore generale della sanità. Il consiglio (respingendo gli emendamenti di Coletto, che rivendicava i diritti dell’esecutivo) si è attribuito ampie facoltà decisionali, eccessive secondo il Consiglio dei ministri che sollecita i giudici a bocciarne i punti controversi, ritenuti lesivi dei poteri dell’esecutivo. Istanza fondata, a detta dei giuristi interpellati, perciò occorre mettere al riparo il Piano emendando le norme in questione. La volontà è di approvare un progetto di legge che sani il vulnus consentendo – questo l’obiettivo concreto e urgente, aldilà del teatrino politico – di procedere all’attuazione della riforma del welfare e garantire certezza sui criteri di nomina e sul ruolo del top manager di un comparto che in Veneto vale 8,5 miliardi di spesa all’anno
Il Mattino di Padova – 22 novembre 2012