Andrea Selva. Una frana gigantesca che precipita dall’Antelao e si porta via una seggiovia e le auto nel parcheggio. E una parete di roccia che crolla dal Gran Vernel (in Trentino) sotto il sole del mattino di fronte ai turisti a bocca aperta. Tutto nel giro di poche ore, a pochi chilometri di distanza, sui versanti delle Dolomiti che in quest’estate bollente dichiarano la loro febbre con i ghiacciai che – dopo l’effimera pausa dell’anno scorso – hanno ripreso a sciogliersi a velocità doppia rispetto alle ultime estati.
Dicono i montanari che le montagne sono sempre franate, in particolare queste – bellissime – che sono il risultato di frane millenarie che ancora risuonano nelle vallate dolomitiche. Ma dice il dirigente della protezione civile del Trentino, Roberto Bertoldi, che «siamo di fronte a fenomeni meteorologici nuovi, come le settimane di gran caldo, anche in alta quota, e le piogge che in poche ore fanno esplodere i torrenti».
Non sempre le notizie sono cattive, come quella dei russi – era metà luglio – che facevano il bagno nel lago di Fedaia dove scendono le acque di fusione del ghiacciaio della Marmolada. Sembrava di stare in spiaggia, ma duemila metri più su – a 3.342 metri di quota, sulla Regina delle Dolomiti – al gestore del rifugio Capanna Penia venivano i brividi a sentire l’aria calda africana che saliva lungo la parete sud della montagna e scioglieva nevi e ghiacci che fino agli anni Ottanta (e poi basta) permettevano lo sci estivo: «Nei giorni più caldi si sta in maglietta anche di primo mattino» racconta Aurelio Soraruf, testimone d’alta quota di un’estate eccezionale, ma purtroppo non inedita dopo l’anno terribile per i ghiacciai che fu il 2003.
Dicono i glaciologi di Val d’Aosta, Trentino e del Bellunese che questo 2015 sarà un anno ugualmente nero per i ghiacciai alpini: «Siamo un mese in anticipo rispetto ai normali ritmi di fusione» spiega Alberto Trenti, responsabile di Meteotrentino. In Val d’Aosta stimano che addirittura la situazione attuale sia quella tipica di settembre. E mentre la neve che ricopre i ghiacciai si scioglie, ecco affiorare la sabbia del Sahara che nell’inverno di due anni fa – nel corso di una perturbazione proveniente da sud – trasformò le Dolomiti in un deserto innevato di colore giallastro. Scherzi del caldo. E non c’è coperta che tenga per salvare le piste da sci. Perché pure questo si è fatto, ad esempio sul ghiacciaio del Presena, tra Lombardia e Trentino: teli bianchi contro la calura.
Sui ghiacciai bisognerà metterci una pietra sopra: nessuno ha mai pensato che l’estate “fresca” del 2014 fosse una reale inversione di tendenza. Sono destinati a scomparire dall’arco alpino, come testimoniano le “restituzioni” dai ghiacci di soldati e reperti bellici custoditi dai tempi della Grande Guerra, cent’anni fa. È figlio del ritiro dei ghiacciai anche Oetzi, la mummia del Similaun, riemerso nel 1991 dai ghiacci che lo avevano custodito per 5 mila anni.
E mentre non c’è nessuna fretta se volete ammirare il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande delle Alpi italiane, per la Marmolada – l’ultimo che resisterà sulle Dolomiti – vi restano alcune decine di anni. Molti meno per i tantissimi (e piccolissimi) ghiacciai che sono il risultato della frammentazione delle più grandi aree glaciali e hanno gli anni contati. Secondo l’ultimo censimento sono 900, ma la superficie è quasi dimezzata negli ultimi cinquant’anni. Un’estate come questa – con lo zero termico che da giorni e giorni è attorno ai 4.500 metri e proprio oggi è previsto a 4.800 metri di quota – potrebbe essere l’ultima per alcuni piccoli nevai. Non è solo una questione paesaggistica, perché se il ghiaccio si ritira, crolla pure la roccia che lo conteneva, come pare sia accaduto l’altro giorno sulla parete del Gran Vernel. Può accadere lentamente, oppure in pochi istanti.
Se le Dolomiti soffrono – diceva Reinhold Messner due anni fa – la colpa è del riscaldamento globale e quindi dell’uomo. Resta la consolazione – aggiungeva l’alpinista altoatesino – che nonostante i crolli sempre più frequenti queste montagne fragilissime hanno ancora qualche milione di anni di vita.
Repubblica – 6 agosto 2015