La Camera chiede di spostare anche il saldo Imu. Ancora irrisolto il problema dei rimborsi ai sindaci Nelle bozze si è ipotizzato di far pagare ai proprietari gli aumenti decisi nel 2013
Nell’anno dei rinvii fiscali arriva un nuovo slittamento, che sposta al 10 dicembre i termini di pagamento dell’acconto. Quella annunciata ieri dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, «per dare agio a tutti coloro che devono operare in questo campo di farlo senza corse», però, potrebbe non essere l’ultima proroga: ieri la commissione Finanze della Camera ha approvato una risoluzione che chiede al Governo di spostare la scadenza del saldo Imu per i tanti che dovranno pagarlo (sicuramente seconde case, imprese, negozi e così via), oppure di anticipare i termini di pubblicazione delle aliquote da parte dei Comuni. Con il passare dei giorni, però, quest’alternativa è sempre meno praticabile, mentre la prima ipotesi ha maggiori chance: per esempio Enrico Zanetti (Scelta civica), vicepresidente della Commissione, suggerisce al Governo di fissare il saldo Imu al 27 dicembre, data già segnata in rosso nel calendario fiscale per i versamenti dell’acconto Iva. I centri di assistenza fiscale, invece, hanno ribadito che nei calcoli non prenderanno in considerazione aliquote pubblicate dopo il 15 novembre (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), ma i contribuenti dovranno controllare l’evoluzione delle scelte comunali per non rischiare le sanzioni.
Praticamente nessuna delle tessere del puzzle fiscale, del resto, ha ancora trovato la propria collocazione, e di conseguenza la ridda delle proroghe è inevitabile. L’unica misura certa, al momento, dovrebbe essere quella degli acconti Irpef, che sono cresciuti al 100% per contrastare l’aumento dell’Iva al 22% ripresentatosi a ottobre.
Assai più movimentato, invece, il panorama dell’imposta sul reddito delle società. Nelle ultime ipotesi di copertura per l’eterno buco nero dell’Imu sulle abitazioni principali, l’Ires di banche e assicurazioni ha raggiunto livelli stellari, che la collocano al 127% per il 2013 e al 128% per il 2014. A chiudere il cerchio, riportando gli acconti delle società finanziarie ai livelli ordinari, dovrebbe intervenire nel 2015 la solita clausola di salvaguardia sulle accise, nella speranza che nel frattempo intervengano altre entrate straordinarie per evitare di dover pescare dai carburanti non meno di 1,5 miliardi. Accanto ai super-aumenti, nei ritocchi delle regole per il mondo finanziario non mancano i nodi tecnici in attesa di soluzione. È il caso, per esempio, delle holding che optano per il consolidato di gruppo: se la società finanziaria fa parte di un gruppo a capo del quale c’è un’azienda non finanziaria, quale sarà la misura dell’acconto, che è dovuto dalla capogruppo?
L’Ires comunque non trova pace nemmeno lontano da banche e assicurazioni. Anche in questo caso il problema è la copertura dell’Imu, ma per quel che riguarda la prima rata: la definizione agevolata per le concessionarie di new slot ha portato poco più della metà dei 600 milioni di euro generosamente previsti dal decreto di fine agosto, e il Governo è pronto a far scattare la clausola di salvaguardia “piena” per ottenere maggiori margini: tradotto in pratica, si tratta di portare al 103% gli acconti Ires per tutte le imprese, e quelli dell’Irap che seguono gli stessi parametri delle imposte dirette. Il recupero del minor gettito nel saldo 2014 sarà compensato dall’aumento, per il primo mese e mezzo del nuovo anno, dall’aumento di due punti delle accise.
Anche così, resta da risolvere il problema delle coperture per l’Imu, e soprattutto per gli almeno 600 Comuni che hanno aumentato l’aliquota nel 2013. I Comuni chiedono una compensazione integrale, per non “perdere” 500 milioni di euro già conteggiati nei bilanci, ma sul campo al momento di fronteggiano due ipotesi. La prima, spuntata nelle bozze di decreto ma piuttosto costosa anche politicamente visto che non più tardi di ieri Letta ha assicurato che «la seconda rata non sarà pagata», prevede di misurare le compensazioni sulle aliquote 2012, e di far pagare ai contribuenti la differenza. In tanti casi come a Milano, dove l’aliquota è passata dal 4 al 6 per mille, significherebbe far pagare a molti proprietari più di quanto versato per tutta l’Imu del 2012. Ma allo studio rimane l’ipotesi del riconoscimento “formale” dell’intero gettito, rimandando però l’erogazione effettiva degli indennizzi all’anno prossimo.
Il Sole 24 Ore – 22 novembre 2013