L’associazione dà atto al governo che la legge di stabilità contiene uno stimolo, seppur modesto, alla ripresa del Paese. «Quella degli ingenti tagli alla spesa pubblica rappresenta la principale sfida di politica economica che dovrà affrontare il governo italiano». L’ammonimento, da raccogliere almeno come buon proposito d’inizio d’anno per i policy maker, è contenuto nell’ultima nota sullo stato dell’economia e dei conti pubblici in Italia stilata dall’Aiaf, l’associazione italiana degli analisti e dei consulenti finanziari.
Nel testo si dà atto al governo che la legge di stabilità appena approvata contiene un seppur modesto stimolo alla ripresa del Paese: l’impatto delle diverse misure di pressione fiscale e di incentivazione agli investimenti, al netto degli altri effetti restrittivi provocati da riduzioni di spesa e aumento delle imposte locali, dello 0,2 per cento del Pil. L’aritmetica della manovra da 32,5 miliardi prevede infatti una significativa novità, rispetto agli anni passati ovvero l’aumento della spesa in deficit per 5,9 miliardi. «Ciò testimonia la natura sostanzialmente espansiva della manovra – osservano gli estensori del rapporto – sebbene l’entità non sia in grado di determinare una svolta decisiva per la nostra economia». Sullo stato di salute dell’economia italiana, del resto, gli analisti finanziari non usano giri di parole: la crescita in Italia stenta a ripartire, sottolineano, lasciando il paese sostanzialmente in stagnazione. La loro stima , più o meno coincidente con quella di altri previsori, è per una crescita che non potrà superare lo 0,4-0,5 per cento nell’anno che è appena iniziato. La debole ripresa sarà dovuta soprattutto alla domanda estera, sostenuta dall’indebolimento dell’euro e, sul versante interno, si gioverà di quel forte calo delle quotazioni del greggio (diminuite oltre il 40 per cento nella seconda metà del 2014) che implica un aumento del potere d’acquisto dei salari e una riduzione dei costi energetici per le imprese, con conseguente sostegno a produzione e investimenti. Nei calcoli dell’Aiaf, infatti, da solo l’effetto della riduzione della bolletta petrolifera dovrebbe comportare per l’Italia un aumento del Pil pari allo 0,2 per cento.
Per il resto però, si sottolinea nel rapporto, la dinamica ciclica dell’economia italiana evidenzia ancora una persistente stagnazione. «Tra le cause della debole performance economica del paese – scrivono gli analisti finanziari – c’è una crisi di fiducia che coinvolge imprese e consumatori». Per contro, si afferma, il rilancio deve partire da una maggiore convinzione nelle potenzialità di recupero e da un’azione incisiva nella realizzazione delle riforme strutturali. E qui si torna alle prospettive della finanza pubblica italiana, dalle quali risulta evidente che la prima riforma da varare quest’anno riguarda la spesa.
Il rapporto ricorda infatti che per quanto riguarda gli anni successivi al 2015 il governo, allo scopo di garantire il rispetto degli obiettivi, ha introdotto nella manovra pluriennale una clausola di salvaguardia che si aggiunge a quella già prevista nel 2014 e sterilizzata solo per il 2015 ma non per i successivi tre anni.«L’insieme delle clausole prevede garanzie in termini di maggiori entrate per 16,8 miliardi nel 2016, 26,2 miliardi per il 2017 e 28,2 miliardi per il 2018. Se le clausole dovessero essere attivate, trattandosi di misure pesanti sulle entrate come ad esempio l’aumento dell’Iva per alcune categorie di prodotti, l’effetto sull’economia sarebbe molto negativo» sottolinea l’Aiaf. Naturalmente, si aggiunge, è chiaro che le clausole di salvaguardia vanno interpretate solo come garanzia della tenuta degli obiettivi di bilancio più che come interventi probabili. Ma, conclude il rapporto «la difficoltà consiste in ogni caso nella capacità di realizzare tagli di spesa di importi così ingenti da parte del Governo, dopo anni nei quali i bilanci hanno dimostrato che nel nostro Paese è più facile aumentare la pressione fiscale che ridurre la spesa pubblica».
Il Sole 24 Ore – 2 gennaio 2015