Gli ex consiglieri: «Vitalizi doverosi spettano a chi lavora onestamente». Frigo, il più «ricco»: il politico ha due vie, darsi da fare o rubare
«Nulla in contrario alla pubblicazione dei vitalizi, non sono mica segreti». Ma: «Perché di quelli di dirigenti e sottobosco vario non si sa nulla?». Eppure, a parte le dichiarazioni formali, c’è chi di sicuro avrebbe preferito che il Consiglio regionale non avesse inserito online (nella pagina istituzionale, anche se non è così facile da trovare) uno per uno i nomi e le cifre corrispondenti della pensione di chi ha abitato Palazzo Ferro-Fini dal 1970 al 2010.
Quarant’anni di storia politica e di vitalizi, che si percepiscono dai 55 anni in poi (è il minimo, tuttavia i requisiti legati all’età sono diversi a seconda delle tre leggi che regolano la materia). Così, il giorno dopo l’«operazione trasparenza» le reazioni sono all’unisono e suonano come una difesa della categoria.
«Abbiamo lavorato, quei soldi ci spettano», oppure «non c’è nulla di segreto, è una legge che assegna i vitalizi». Il più diretto è Franco Frigo del Pd, che tira in ballo anche il «suo» premier. «Vorrei capire cosa farà Matteo Renzi dopo i 60 anni. E i grillini?» è la domanda polemica. All’ex consigliere e presidente dalla Regione tra il ’92 e il ‘93, secondo la lista pubblicata online spetta la palma del «pensionato» più ricco. Nel 2013 avrebbe percepito al mese 4.752 euro. «Non è così – precisa – quei soldi non li ho presi, perché sono diventato europarlamentare, ho percepito solo qualche mese. E, comunque, la cifra è più bassa». Per Frigo ci sono due modi di guadagnare in politica: «Lavorare (quindi meritarsi i compensi e i vitalizi, ndr) o rubare».
Onorio De Boni (consigliere con il Ccd, Fi e Udc), dopo aver specificato «è giusto che i cittadini siano informati sulla questione» sarebbe anche disposto a rinunciare ai suoi 4.332 euro netti mensili. «Ma nella misura in cui ci fosse equità a tutti i livelli, a cominciare da qualche solone romano o barbiere del Parlamento. Ci sono dirigenti che prendono 300 – 400mila euro – attacca – E invece si prendono di mira solo gli amministratori. Il sottobosco è peggiore». Più istituzionale la posizione dei fratelli Cacciari. «Bisogna che ogni trattamento pensionistico derivi dai contributi versati dall’interessato nel corso dell’attività lavorativa – spiega Massimo, che percepisce 1.935 euro – Ricalibrare i vitalizi regionali? Deciderà il consiglio regionale». Paolo (con 3.593 euro al mese), invece, specifica che non si tratta di «una pensione, ma di una forma di assicurazione. Comunque, credo che come esistono i diritti sindacali, debbano esistere anche quelli politici. Vanno trovati dei meccanismi che consentano la partecipazione politica senza perdere il posto di lavoro».
Si addentra nei confronti con altre categorie Giorgio Carollo, il fondatore del movimento Veneto per il Ppe. Per i suoi 15 anni da consigliere regionale percepisce 4.125 euro. «È giusto che venga pubblicata la cifra, non c’è nessun sotterfugio – dice convinto – il vitalizio è previsto dalla legge». E poi «rispetto ad altri colleghi che hanno avuto responsabilità in banche o da altre parti le nostre cifre fanno ridere». Alla domanda «rinuncerebbe alla pensione?» Carollo gira alla larga: «Non entro nel merito, è un discorso complicato e lungo da fare. No comment».
La prende bene pure il leghista Gian Paolo Gobbo. «Si sa che questi vitalizi ci sono, il problema non è questo ma il loro ridimensionamento, casomai». L’ex sindaco di Treviso, che per il suo lavoro in Regione Veneto nel 2013 si è portato a casa 3.604 euro al mese, sulla questione di un’ipotetica rinuncia taglia corto. «Per far bene, come credo di aver fatto, ho abdicato ad altri lavori ».
Preferisce quindi puntare il dito su ciò che non va, riprendendo uno dei cavalli di battaglia del Carroccio: «Il problema è il malfunzionamento di alcune Regioni, quelle degli sprechi».
Insomma, non toccate quelle pensioni «ci spettano, di certo non le abbiamo rubate» è il senso delle parole degli ex.
Chi invece non vuole entrare nella questione è il presidente dell’associazione dei consiglieri regionali, che tante riunioni ha dedicato alla questione dei vitalizi negli ultimi anni. «Non dico niente – è la risposta secca di Aldo Bottin – chiedete al presidente Clodovaldo Ruffato». Ovvero chi ha fatto mettere sul sito del consiglio la lista dei 226 (comprese le vedove che percepiscono l’assegno di reversibilità).
I vitalizi degli ex consiglieri regionali sono regolamentati da una normativa complessa, frutto di tre diverse leggi. La prima, applicata ai consiglieri dal 1973 al 1993 prevede un’età pensionabile di 55 anni, innalzata a 60 anni dal 1994 al 2007 e infine a 65 anni dopo il 2007. Anche le percentuali variano a seconda degli anni che si sono trascorsi a Palazzo Ferro Fini, oscillando da un minimo del 30% dell’indennità ad un massimo del 70%, dunque si va da poco più di 1.000 euro netti al mese, nell’ipotesi «più povera», a oltre 4.700 euro in quella «più ricca»
L’assalto degli ex
In più occasioni l’associazione degli ex consiglieri, guidata dall’ex presidente Aldo Bottin, ha tentato di respingere l’assalto alla riduzione dei vitalizi e addirittura ha provato ad innalzarli, sostenendo di voler «porre fine all’ingiustizia» che vede alcuni ex prendere meno dei loro colleghi, a parità di legislature, proprio per via dei regimi diversificati. Assalto sempre respinto
L’abolizione
Il 22 dicembre 2011 il consiglio regionale ha deciso di eliminare sia i vitalizi che gli assegni di reversibilità a favore del coniuge superstite, sull’onda dell’indignazione per i privilegi della «Casta». I consiglieri attualmente in carica hanno votato convintamente a favore, solo dopo essersi assicurati, però, che lo stop sarebbe entrato in vigore dalla prossima legislatura. I futuri consiglieri potranno decidere se incamerare lo stipendio e stop oppure versarne una parte in un normale fondo pensione. L’assemblea ha anche deciso di recente di togliere il contributo di 30 mila euro all’associazioni di Bottin
La spesa
Attualmente il consiglio spende per i vitalizi 11,2 milioni di euro, che saliranno nel 2015 a 12,2 milioni e nel 2016 a 12,8 milioni
Elfrida Ragazo – Corriere del Veneto – 10 agosto 2014