«Qualità dell’assistenza e accessibilità messe a rischio dai tagli indiscriminati. La politica decide, ma la ridotta sicurezza ricade sulle nostre spalle»
«La sanità pubblica? Rischia di non essere più uguale per tutti». È dura la presa di posizione delle sigle sindacali dei medici che, coordinate dall’Ordine, hanno riassunto in una nota critiche e osservazioni sulla riorganizzazione ospedaliera e territoriale varata l’altro giorno in via definitiva dalla Giunta del Veneto.
TUTTE LE SIGLE. I rappresentanti di Anaao, Cimo, Anpo (medici e primari ospedalieri), Snami e Fimmg (medici di medicina generale), Simet (medici del territorio), Fimp (pediatri), della sanità privata e dell’ospedalità classificata religiosa si sono ritrovati nella sede dell’Ordine dei medici, in via Locatelli, per analizzare le schede di dotazione ospedaliera e, in particolare, le ricadute che la nuova organizzazione ospedale-territorio avrà sui camici bianchi impegnati nei distretti, negli ambulatori o in corsia.
PREOCCUPAZIONE. «Ordine e sindacati medici», si legge nella nota, «esprimono all’unanimità la loro preoccupazione per il progressivo degrado della qualità dell’assistenza sanitaria pubblica regionale. Il sistema sanitario italiano, con i principi di universalità, equità e solidarietà cui si ispira, ha rappresentato e continua a rappresentare, specie nell’attuale momento di crisi economica, un formidabile strumento di coesione e stabilizzazione sociale. Comprometterne la funzione equivale a scatenare pericolose tensioni sociali».
DIRITTO ALLA SALUTE. «La logica dell’economia ad ogni costo ed i tagli indiscriminati, spacciati per razionalizzazioni», osservano i medici, «rischiano di compromettere la qualità dell’assistenza e la sua accessibilità. La riorganizzazione ospedaliera regionale non può realizzarsi senza una pari riorganizzazione dell’assistenza sul territorio, pena il lasciare ampie fasce di popolazione senza possibilità di cura, scaricando sulle famiglie il peso di un’assistenza che il sistema pubblico non è più in grado di garantire. Le schede ospedaliere hanno di fatto ridefinito la mappa dell’assistenza sanitaria ospedaliera, ma alla loro approvazione non è seguita la promessa ridefinizione dell’assistenza territoriale, creando in questo modo solo uno spostamento di domanda di salute che non trova adeguate risposte».
TERRITORIO VUOTO. «La chiusura di reparti e servizi», aggiungono, «e la contemporanea assenza di strutture territoriali capaci di dare risposte alle necessità assistenziali renderà difficile a molti accedere alle cure ed i disagi per averle le renderà, per alcuni, decisamente indisponibili. Per questo denunciamo la progressiva e costante riduzione delle risorse disponibili che costringe i medici a esercitare la professione ogni giorno in condizioni di aumentato rischio e le famiglie a sobbarcarsi oneri economici ed assistenziali insostenibili. Un sistema dove le decisioni logistiche, determinanti sull’organizzazione dell’assistenza, sono appannaggio esclusivo della politica, e le ricadute in termini di ridotta sicurezza ed efficacia delle cure gravano su quasi esclusivamente su medici e operatori sanitari».
SERVE RESPONSABILITA’. «Segnaliamo altresì», conclusono i medici nella nota, «il delinearsi di diverse possibilità di accesso alle cure sulla base delle capacità economiche, per cui chiediamo alla classe politica chiarezza nelle assunzioni di responsabilità, onestà nella comunicazione, equità e trasparenza nelle scelte, fedeltà ai valori costituzionali e deontologici di solidarietà. Auspichiamo infine l’attenzione di tutti sulla necessità di garantire ai malati pari dignità di trattamento e cura».
L’Arena – 22 novembre 2013