Tempo da lupi sul Giro. L’animale più amato e odiato delle Alpi, il protagonista di mille e mille polemiche nelle terre alte, torna in prima pagina con la minaccia degli agricoltori del dipartimento francese delle Hautes Alpes, dove la corsa rosa sconfina venerdì e sabato, di bloccare il passaggio dei ciclisti. Ce l’hanno con Wolfie, la mascotte del Giro di quest’anno, un lupacchiotto con gli occhi azzurri.
«Gli agricoltori — scrivono — non ne possono più di vedere il lupo presentato all’opinione pubblica solo come un gentile peluche». Wolfie non si presenti in terra francese, chiedono, altrimenti «nous réagirons! ». Pronti a fermare il plotone come già hanno fatto in passato i viticoltori con il Tour, quando un vino cileno era tra gli sponsor della Grande Boucle. In una riunione con gli organizzatori del Giro, i francesi hanno ottenuto di non vedere la mascotte, ovvero l’attore che la anima davanti alle telecamere. Si fermerà a Pinerolo due giorni per trasferirsi poi a Sant’Anna di Vinadio. Il lupo ciclista fermato come un migrante non gradito.
Via libera al Giro, invece, anche in terra d’oltralpe, ma le polemiche non sono finite. Se agricoltori e allevatori francesi per il momento hanno deposto le armi, sul versante italiano non smettono di protestare per le politiche di difesa del lupo. Giovanni Dalmasso, di Crissolo, ai piedi del Monviso è presidente dell’Adialpi, l’Associazione difesa alpeggi Piemonte che rappresenta un centinaio di margari, gli allevatori dei pascoli montani, e si dice d’accordo con i colleghi francesi: «Fanno proteste eclatanti, una manifestazione contro la presenza del nostro peggior nemico ci sarebbe stata anche qui, ma questo è il periodo di preparazione dell’alpeggio. Il problema però esiste, è grave, le mandrie e le greggi sono in pericolo eppure è sempre in prima linea la tutela del lupo e le nostre istanze non vengono considerate. Il rischio è che si abbandonino definitivamente gli alpeggi, come già peraltro sta avvenendo» .
L’Adialpi non è la sola organizzazione a schierarsi. «Stiamo formando un Coordinamento genti di montagna» dice Mariano Allocco, di Prazzo, in valle Maira, presidente di Alte Terre, che raccoglie rappresentanti del variegato mondo di chi vive lassù, «per far comprendere quanto sia pericolosa questa situazione. Il lupo visto da sotto è utile per lavarsi la coscienza di chi ha devastato la pianura, visto da qua è una presenza aliena » . Quando gli si ribatte che è tornato sulle Alpi solo negli anni Novanta, risalendo l’Italia dall’Abruzzo, ma che fino a inizio Novecento ci si doveva convivere comunque, Allocco ride: «È vero, e infatti gli hanno sparato finché si è estinto» . Vorrebbe fare lo stesso? «No, ma vorrei che ci lasciassero seguire gli esempi francese o svizzero. Lì gli abbattimenti sono permessi per gli animali più pericolosi. E alla lunga sarebbe una soluzione a favore del lupo» .
Non è d’accordo Nanni Villani, direttore di Alpidoc, la rivista delle sezioni cuneesi del Club Alpino Italiano: «Chi vive in montagna sa quanto sia duro resistere. È frustrante veder chiudere le scuole, le poste, sentirsi abbandonati. E si fa un uso strumentale del lupo, lo si elegge nemico pubblico numero uno per creare una sorta di santa alleanza contro di lui che in realtà punta a ben altro. Lo schieramento contro il lupo in fondo ha qualche possibilità di riaggregazione là dove ha fallito l’idea di Occitania».
Da Giuseppe Canavese, direttore del parco delle Alpi Marittime, arriva quasi un appello di pace: «Quest’estate lanceremo la prima linea di prodotti “wolf friendly” e cominceremo con i formaggi. Realizzati dagli stessi allevatori che molti vedono in prima linea contro il lupo e invece dimostreranno che una coesistenza è possibile».
Repubblica – 24 maggio 2016