In Inghilterra si sta per riaprire la guerra infinita tra i difensori delle volpi e chi, per ragioni diverse, vuole dare loro la caccia. Sembrava una questione chiusa, perché una legge dell’ultimo governo laburista proibisce sostanzialmente la caccia.
Invece, l’ultimo giro di ruota è che il governo conservatore sta valutando di modificare la legge, consentendo agli agricoltori di uccidere gli animali con l’aiuto di mute di segugi. Per i difensori degli animali si tratta di reintrodurre dalla finestra ciò che era stato messo fuori dalla porta.
Attualmente i contadini possono cacciare le volpi che minacciano le loro proprietà con l’ausilio di non più di due cani. In campagna si lamentano che gli attacchi agli agnelli sono in aumento e che il contenimento degli animali nocivi permesso dalla legge non funziona. Gli allevatori delle zone collinari, già in ginocchio per le nevicate tarde dell’inizio dell’anno, chiedono un cambiamento della legge per difendere il bestiame. Adesso possono già sparare a una volpe pescata sul loro terreno ma andare a inseguirla con più di due cani è un reato.
Un gruppo trasversale di deputati che comprende tutti i partiti, sta facendo pressione sul ministro per l’Ambiente Owen Patterson che a dire il vero dovrebbe essere facilmente convinto, date le sue posizioni radicalmente anti-ambientaliste e la sua nota ostilità al bando della caccia alla volpe. Il cambiamento richiederebbe un voto in parlamento ma non una nuova legge. Se l’emendamento passasse (com’è dovrebbe accadere) la legge in Inghilterra e Galles diventerà uguale e a quella, più permissiva, in Scozia.
Dice Derek Morgan, del sindacato degli allevatori del Galles: «Quando il Labour approvò il bando, pensava ai ricchi snob a cavallo, ma la gente che ha sofferto di più sono i lavoratori delle colline, i cui introiti sono sotto alla media nazionale».
Gli animalisti, già sul piede di guerra per la decimazione dei tassi, in corso in numerose zone del Paese, minacciano polemiche contromisure. Quelli della Lega contro gli Sport Crudeli ha subito fatto sapere che per loro: «La legge va bene così e non si tocca».
La Stampa – 15 ottobre 2013