Letta ai soldati italiani in Afghanistan: voi dimostrate che sappiamo fare sistema. «Torno a casa ancora più determinato di quando sono partito, ho visto di cosa è capace l’Italia quando fa sistema, lavora con le altre nazioni, dà il meglio di sé a livello internazionale.
Sono tanto più determinato, dopo aver incontrato chi ci rappresenta e chi si sacrifica ogni giorno per una missione difficile, che ancora di più ritengo che buttare a mare tutto sarebbe una follia».
Enrico Letta è in volo sull’aereo che lo riporta dall’Afghanistan a Roma. Le domande sono sulla stabilità della sua maggioranza. Si fa scalo tecnico a Smirne, in Turchia. La visita al nostro contingente militare ad Herat, poi ad una rappresentanza dei nostri militari presenti nel comando centrale Isaf, nella capitale afgana, infine i colloqui con il presidente Karzai, hanno segnato una giornata lunga, cominciata all’alba.
Prima di atterrare a Smirne il presidente del Consiglio concede qualche riflessione sulle tensioni politiche. Il tono, gli argomenti e le parole sono propri di colui che crede ancora di farcela, di poter superare lo scoglio delle conseguenze politiche della condanna contro il Cavaliere: «Abbiamo tutta una settimana di lavoro davanti a noi, ora torniamo a casa, per lavorare e per far sì che il buon senso prevalga, ed io ritengo che prevarrà. Se così non fosse si entrerebbe in una spirale di avvitamento, fatto d’irrazionalità, che non servirebbe al Paese. Non bisogna andare a votare e non bisogna aprire una crisi di governo».
Oggi si terrà il primo consiglio dei ministri, dovrebbe arrivare il decreto sulla pubblica amministrazione, poi mercoledì altra riunione di governo, sarà la volta dell’Imu e, aggiunge il premier, «non ci saranno rinvii». Letta cita i due appuntamenti e rimarca che torna a casa «per lavorare» lui stesso, per scongiurare una crisi. Non dice come, non spiega cosa può fare come premier, ci tiene a dire che sulla costituzionalità o meno della Severino «non vedo come potrei intervenire». Eppure per la prima volta lascia immaginare un suo impegno diretto nella vicenda della decadenza del Cavaliere.
Davanti ai nostri soldati ha parlato, prima di lasciare Kabul, «di uno dei vizi maggiori di noi italiani, l’autolesionismo, siamo campioni nel parlare male di noi stessi e invece voi — ha detto ai militari — dimostrate che sappiamo fare sistema e cose eccellenti, con il vostro lavoro e il vostro sacrificio». Qualche ora più tardi, in aereo, il concetto di autolesionismo torna a proposito di un’eventuale crisi di governo, minacciata in queste ore dal Pdl: di sicuro per Letta sarebbe un danno enorme per il Paese, per il sistema economico, per le riforme in cantiere.
Potrebbe proseguire con un’altra maggioranza? Gli viene chiesto anche questo, ma sul punto il premier fa un passo indietro e si astiene da ogni commento: «Il problema non è questo, si tratta di fare andare avanti questo governo e questa maggioranza». E il Pd, ce la sta mettendo tutta? O non fa in qualche caso il gioco del Pdl? «Il Pd ha lavorato e sta lavorando per il buon senso». Potrebbero essere più concilianti nelle dichiarazioni? «Ognuno ha il suo ruolo».
Prima di tornare al suo posto, mentre inizia la discesa su Smirne, un’ultima battuta è su D’Alema; l’ex premier ha detto che Letta è transitorio, che un pronostico di medio periodo è Renzi a Palazzo Chigi; il capo del governo non si scompone, «mi sembra che D’Alema abbia chiarito», dice con la voce di uno che considera l’argomento non degno di particolare nota.
È invece più importante, al momento, chiarire alcuni dettagli delle parole pronunciate davanti a Karzai, nei giardini del palazzo presidenziale più protetto del mondo, nel cuore di Kabul: «Nel 2014 terminerà la missione Isaf e dunque anche l’impegno diretto italiano, resteremo con poche centinaia, al massimo, di uomini, per compiti di addestramento, ma senza alcuna attività sul terreno; sarà un impegno totalmente diverso e limitato». In ogni caso «non lasceremo solo l’Afghanistan».
Marco Galluzzo – Corriere della Sera – 26 agosto 2013