?Il rapporto della Cdp. Comuni, corsa senza fine della spesa nonostante tagli lineari e spending review
Roberto Petrini. La «chimera» della spending review non ha funzionato e anche i tagli lineari lasciano molto a desiderare. Il risultato è che la spesa per consumi intermedi degli 8.000 Comuni italiani è in crescita e non si arresta. Dalla cancelleria, alla manutenzione del software, dalle indennità di missione alle utenze per riscaldamento, i Municipi non riescono a comprimere più di tanto le proprie esigenze. Non sempre per colpa dei sindaci, alle prese con difficoltà evidenti sul territorio, ma per i continui cambiamenti delle regole degli ultimi anni.
Il dato centrale che riguarda la spesa per consumi, al centro del dibattito da anni, è deludente: se nel 2008 le risorse necessarie erano pari 32,6 miliardi, nel 2013 ne erano necessari 3 di più. Lo studio, realizzato da Federico Antellini Russo, è contenuto nel nuovo «Rapporto sulla finanza locale» pubblicato dalla Cassa depositi e prestiti.
Anche se si esce dalla sola variabile delle spese per beni e servizi la musica non cambia: nel 2013, rispetto al 2008 sono cresciuti oneri per interessi, indennizzi, trasferimenti e solo il costo del lavoro è stato leggermente limato, sostanzialmente per il blocco dei contratti del pubblico impiego.
Lo strumento affilato, impugnato dai vari Mr.Forbici che si sono susseguiti, non è riuscito ad arrestare la spesa anche se gli effetti sul piano della qualità sono stati diversi. Ha funzionato ad esempio nel 2012, quando fu praticato un tentativo di spending review che tenesse conto dei costi standard: solo per quell’anno infatti è possibile stilare una classifica tra virtuosi e non. Rispetto al 2010, se si esclude L’Aquila, sul cui bilancio pesa l’effetto-terremoto, il Municipio che è riuscito a tagliare di più in termini assoluti è stato Siena con un risparmio di 329,8 milioni. Seguono Venezia (215,4 milioni), Napoli (162,9), Alessandria (115,2). Dalla griglia della spending review vengono fuori pagelle anche per chi ha fatto peggio i compiti a casa: in testa a tutti Prato (con un aumento della spesa per consumi di 554,3 milioni) segue Roma (con 433,8 milioni), poco dopo al quinto posto Milano (con un aumento di 215,3 milioni).
Ma dal 2013 il quadro cambia: i tagli sono tornati lineari, pari al 9,26 per cento (come avverrà nel 2014 e con l’attuale legge di Stabilità per il 2015). L’effetto è stato un aumento generalizzato delle tasse comunali. Il sistema dei tagli lineari prevede infatti che il gettito dell’Imu venga «requisito » dallo Stato, che i Comuni versino il 30 per cento dell’incasso fiscale al fondo che ripartisce le risorse anche ai municipi più poveri (visto che il fondo finanziato dalla Stato è piuttosto «magro») e che solo sulle risorse spettanti intervenga il taglio del 9,26 per cento. E’ un incoraggiamento ad aumentare le tasse per aumentare la torta e diluire l’effetto dei tagli.
La soluzione? Quella che stanno studiando a Palazzo Chigi è di tornare ad un dispositivo «federale» dove si stabilisce un target, cioè un saldo positivo tra entrate e uscite finali. A quel punto ogni sindaco potrà gestire il bilancio in modo autonomo e vedersela con i cittadini: la nuova local tax, da un lato, e lo smontaggio del Patto di stabilità interno, dall’altro.
Repubblica – 14 novembre 2014