I numeri della recente edizione di Fieracavalli, la manifestazione di punta del mondo equestre che ogni anno viene organizzata da Veronafiere, parlano chiaro: 160mila appassionati, da 63 Paesi diversi, accorsi a Verona per quattro giorni, testimoniano un interesse economico e turistico che rappresenta per l’Italia un business importante. Cioé un giro d’affari che sfiora il miliardo e che riguarda 120mila praticanti assidui, 1 milione di appassionati stimati, 1.357 aziende agrituristiche dedicate e la gestione di circa 7mila chilometri di ippovie.
Non a caso, dal ministero per le Politiche agricole si fa sapere che «si punta sulla crescita del settore a tutto tondo, in stretta sinergia tra Governo e Regioni e in un’ottica di sostenibilità ambientale e anche economica». Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle Politiche agricole con delega al settore ippico, aggiunge: «Il turismo equestre è un motore anche per la diversificazione dell’impresa agricola, la valorizzazione e la promozione del territorio».
E, in effetti, il comparto registra crescite e interesse costanti: in cinque anni sono raddoppiati i cavalli italiani (oggi a 420mila esemplari) e l’equiturismo è aumentato, con un numero crescente di agriturismi e strutture specializzate nel trekking equestre (+11%), soprattutto in Toscana, Veneto, Lombardia, Piemonte e Sicilia, mentre gli atleti tesserati alla Federazione italiana turismo equestre hanno raggiunto quota 28.600. Gli occupati del settore ippico, incluso tutto l’indotto, sono stimati tra le 40mila e le 50mila unità, tra guide, allevatori, stallieri, veterinari (dati Confagricoltura Veneto e Cgia) e la spesa media giornaliera del turista a cavallo si aggira attorno ai 55 euro, a cui vanno aggiunti i costi di altri servizi come la ristorazione e l’alloggio.
Se i numeri del settore sono più che positivi, altrettanto positiva è la prospettiva futura, visto che lo sviluppo del comparro potrebbe essere ben maggiore. Da uno studio sul turismo equestre svolto dal Ciset, il Centro internazionale di studi sull’economia turistica, su un panel di operatori specializzati, emerge che il turismo equestre è sottovalutato da parte dell’offerta italiana e questo impedisce lo sviluppo ulteriore del comparto (lo pensa il 78% degli intervistati), seguito dalla scarsità dei percorsi attrezzati (46%) e dalla ridotta percezione del nostro Paese come meta del turismo equestre (44%), cosa, quest’ultima, che è invece compresa dal turista straniero, che compone il 25% del totale dei flussi del settore (soprattutto da Germania, Francia, Olanda, Svizzera, Regno Unito e Usa).
Se c’è una sottovalutazione da parte degli operatori istituzionali, c’è invece una consapevolezza sul potenziale di business da parte delle imprese produttrici, che colgono come il cavaliere sia sempre più esigente e hi-tech. Ecco quindi l’airbag per chi monta, le asciugatrici per il pelo del cavallo, i cosmetici fitoterapici per gli zoccoli, il fieno biologico e i tapis roulant per gli allenamenti o la riabilitazione. Lo si è visto a Fieracavalli, che quest’anno (ma l’anno prossimo, dal 25 al 28 ottobre, ancora di più) ha puntato molto sull’innovazione.Katy Mandurino – Il Sole 24 Ore – 3 novembre 2017
E, in effetti, il comparto registra crescite e interesse costanti: in cinque anni sono raddoppiati i cavalli italiani (oggi a 420mila esemplari) e l’equiturismo è aumentato, con un numero crescente di agriturismi e strutture specializzate nel trekking equestre (+11%), soprattutto in Toscana, Veneto, Lombardia, Piemonte e Sicilia, mentre gli atleti tesserati alla Federazione italiana turismo equestre hanno raggiunto quota 28.600. Gli occupati del settore ippico, incluso tutto l’indotto, sono stimati tra le 40mila e le 50mila unità, tra guide, allevatori, stallieri, veterinari (dati Confagricoltura Veneto e Cgia) e la spesa media giornaliera del turista a cavallo si aggira attorno ai 55 euro, a cui vanno aggiunti i costi di altri servizi come la ristorazione e l’alloggio.
Se i numeri del settore sono più che positivi, altrettanto positiva è la prospettiva futura, visto che lo sviluppo del comparro potrebbe essere ben maggiore. Da uno studio sul turismo equestre svolto dal Ciset, il Centro internazionale di studi sull’economia turistica, su un panel di operatori specializzati, emerge che il turismo equestre è sottovalutato da parte dell’offerta italiana e questo impedisce lo sviluppo ulteriore del comparto (lo pensa il 78% degli intervistati), seguito dalla scarsità dei percorsi attrezzati (46%) e dalla ridotta percezione del nostro Paese come meta del turismo equestre (44%), cosa, quest’ultima, che è invece compresa dal turista straniero, che compone il 25% del totale dei flussi del settore (soprattutto da Germania, Francia, Olanda, Svizzera, Regno Unito e Usa).
Se c’è una sottovalutazione da parte degli operatori istituzionali, c’è invece una consapevolezza sul potenziale di business da parte delle imprese produttrici, che colgono come il cavaliere sia sempre più esigente e hi-tech. Ecco quindi l’airbag per chi monta, le asciugatrici per il pelo del cavallo, i cosmetici fitoterapici per gli zoccoli, il fieno biologico e i tapis roulant per gli allenamenti o la riabilitazione. Lo si è visto a Fieracavalli, che quest’anno (ma l’anno prossimo, dal 25 al 28 ottobre, ancora di più) ha puntato molto sull’innovazione.Katy Mandurino – Il Sole 24 Ore – 3 novembre 2017