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Imu, prende quota l’ipotesi della tassa unica. Per l’abolizione strada in salita

E il Parlamento accelera sulla riforma del catasto: valori legati alle medie del triennio. Coinvolti i Comuni. Pagare almeno una parte di Imu nel 2013 o andare giù con i tagli pesanti.

Tre miliardi in pochi mesi non sono uno scherzo considerato che il maggior incasso dell’Iva, potenzialmente ipotizzabile da un’accelerazione dei pagamenti dei debiti Pa, non è considerato dai tecnici dell’Economia una copertura certa; non prima di settembre, quando sarà stato completato il monitoraggio delle amministrazioni pubbliche. E le scelte sull’Imu vanno fatte prima, entro la fine di agosto.

Alla vigilia del tavolo tecnico convocato oggi pomeriggio al Tesoro per entrare nel vivo del confronto su come intervenire, sembra dunque questa la vera alternativa concreta. Sul tavolo rimane lo «scontone» proposto dal Pd con l’aumento delle detrazioni (da 200 fino a 600 euro) come pure l’ipotesi dei tagli di spesa sollecitati dal Pdl. Ma sempre più prende quota la council tax, ovvero la tassa municipale unica modello inglese che includerebbe Imu, addizionale Irpef e Tares e sarebbe pagata anche dagli affittuari, con alcune clausole di garanzia. Una riforma che si inserisce nel contesto più ampio della revisione del catasto. Il comitato ristretto, in Parlamento, ha terminato i suoi lavori e ha riportato in vita il federalismo catastale abbandonato tre anni fa. I valori terranno conto di due parametri: patrimonio e rendita catastale, parametrata ai metri quadri (e non più ai vani) ancorati al mercato, con le medie dell’ultimo triennio.

Mentre si avvia il tavolo di confronto (per il Pdl ci sarà Renato Brunetta, per il Pd comunque dovrebbe esserci il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, per Scelta civica Lorenzo Dellai) che dovrà chiarire in che direzione procedere, alla Camera va in aula il decreto del Fare con i suoi 84 articoli. Pochi giorni dopo, è la volta del decreto sugli ecobonus. Provvedimenti urgenti e attesi da una mole di 600-700 emendamenti complessivi che, se non arginati, rischiano di porre nuovi problemi di copertura al governo.

ABOLIRE O RIFORMARE

Il primo punto da chiarire è la questione dell’abolizione totale o della revisione dell’Imu prima casa. Nel primo caso, servono 4 miliardi che sommati ai 2 miliardi per abolire lo scatto dell’aliquota Iva non solo fino al 1° ottobre ma fino al 31 dicembre, fanno in tutto 6 miliardi. Tuttavia, mentre il Pdl continua a chiedere la piena abolizione dell’Imu, il Pd parla invece di una rimodulazione a beneficio delle categorie sociali più deboli che farebbe scendere il costo da 4 a 2 miliardi.

Quel che è certo è che almeno una parte di questo «pacchetto» andrà trovato entro il 31 agosto per evitare il pagamento della prima rata il 16 settembre. Ma quanto serve? Se i miliardi da trovare fossero 6, al momento ne mancano 5 visto che solo 1 miliardo di copertura è stato trovato con l’anticipo degli acconti Ires, Irap e delle ritenute delle banche. Le pressioni del Pdl per un dimezzamento dell’acconto, che difficilmente il governo potrà accogliere, porterebbero circa 500 milioni di tagli aggiuntivi.

«Il governo aveva coperto il mancato aumento Iva – avverte il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta – con l’anticipo degli acconti fiscali. È una misura che può essere fastidiosa ma non costituisce comunque un aumento delle imposte. Se si ritiene che non è percorribile, allora non resta che procedere a tagli. In questo caso però la responsabilità non può ricadere solo sul ministro Saccomanni. Tutti i ministri devono concorrere, all’interno dei propri capitoli di spesa, a indicare all’Economia dove si possono ridurre le spese». Non solo, ma l’altra mina è il decreto sugli ecobonus sottoposto a richieste di modifica per gli aumenti dell’Iva (dal 4 al 10%) sulle merendine nei distributori automatici e per gli interventi di ristrutturazione antisismica degli edifici. «Che il dibattitto parlamentare su questioni così importanti, con il governo impegnato a dare risposte, non abbia spazio né rilevanza perché nel Paese si discute d’altro – conclude Baretta – è quantomeno anomalo».

Il Messaggero – 22 luglio 2013 

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