Maurizio Tropeano. «Mi scusi ma di che cosa mi sta parlando? Qui in Italia il consumo di carne è bilanciato e, soprattutto, offriamo un prodotto sicuro, sano, senza trattamenti con ormoni e rispettiamo i rigidi disciplinari di produzione “Doc” che assicurano il benessere e la qualità dell’alimentazione degli animali».
Quando risponde al cellulare sono da poco passate le sei del pomeriggio. Pietro Salcuni, presidente dell’associazione allevatori italiani, ha appena finito di lavorare nel suo allevamento in provincia di Foggia e racconta anche gli investimenti e la fatica «fatta nel corso degli anni» sulla tracciabilità e «adesso dovremo capire come rispondere a questo allarmismo ingiustificato».
Le sue parole sintetizzano il punto di vista comune di allevatori e industriali del settore: le carne made in Italy sono fuori dall’allarme lanciato dall’Oms perché si parla di quantità e qualità che non sono quelle che caratterizzano le carni italiane».
I numeri del consumo arrivano dalla Coldiretti: «Il consumo di carne degli italiani con 78 chili a testa è ben al di sotto di quello degli Stati Uniti con 125 chili a persona o degli australiani con 120 chili e anche dei francesi con 87 chili a testa». Dopo i numeri arrivano le spiegazioni: «Gli animali allevati in Italia non sono uguali a quelli allevati in altri Paesi e che i cibi sotto accusa come hot dog, bacon e affumicati non fanno parte della tradizione italiana».
Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare e amministratore delegato di Inalca-Cremonini, aggiunge: «Siamo fuori dai rischi segnalati dall’Oms anche per quanto riguarda i salumi perché si punta l’indice sull’affumicatura cosa che in Italia non si fa mentre li trasformiamo con il sale». Senza dimenticare che la carne italiana è di diversi punti percentuali più magra di quelle consumate nelle altre parti del mondo».
Detto questo, però, Salcuni punta l’indice su una criticità: «Il nostro problema – spiega – è che non siamo autosufficienti e dunque è sempre più necessario controllare le importazioni e le successive fase di trasformazioni del prodotto a partire dalla macellazione». Forse, si spiega anche così il fatto che «la spesa degli italiani per la carne è scesa a 97 euro al mese, con una incidenza del 22% sul totale e perde per la prima volta il primato», analizza la Coldiretti.
L’organizzazione agricola chiede di fermare sul nascere «questa forma di terrorismo alimentare contro la carne italiana sicura e sana». Scordamaglia invita i consumatori a «continuare a mangiare quello che mangiate in Italia e scegliete sempre prodotti italiani». E da uomo dei campi Salcuni aggiunge: «Comunque, io diffiderei di questi studi scientifici che sembrano andare dove tira il vento». Il New York Times usa un linguaggio diverso ma il concetto è lo stesso: gli allarmi sul cibo sono spesso inaffidabili.
La Stampa – 27 ottobre 2015