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Indagato e poi licenziato? L’assoluzione fa tornare lavoratore proprio posto

La Banca licenzia un dipendente perché indagato per il reato di riciclaggio di denaro proveniente da fatti illeciti. L’assoluzione del lavoratore, però, fa tornare tutto al proprio posto, lavoratore compreso.

Avanti ai giudici di legittimità della Sezione Lavoro (sentenza 17090/12) presenta ricorso un istituto di credito, contestando la parte della motivazione della sentenza d’appello in cui si attribuisce rilevanza determinante al venir meno degli addebiti penali, ai fini della ritenuta insussistenza dei fatti disciplinari. Nello specifico, il cassiere della banca ricorrente era stato indagato per riciclaggio di denaro proveniente da fatti illeciti e quindi licenziato. Il fatto è che il procedimento penale si era concluso con l’assoluzione dello stesso e, per questo, la Corte d’appello chiamata a decidere sulla legittimità del licenziamento, aveva dichiarato l’assenza della giusta causa. Ma, secondo la ricorrente, non c’è correlazione tra i due procedimenti. Il mancato nocumento alla banca per il fatto del ricorrente non avrebbe potuto escludere la giusta causa del licenziamento, per la quale «è sufficiente il pericolo di danno scaturente dal comportamento inadempiente del dipendente». La S.C., tuttavia, ritiene corretta la motivazione della Corte territoriale che aveva evidenziato l’insussistenza dei fatti che furono oggetto degli addebiti penali, «nonché la mancanza di un nocumento sopraggiunto per l’istituto di credito a causa delle irregolari operazioni eseguite dal proprio dipendente».

La Stampa – 30 ottobre 2012

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