Sembra non avere fine la lista dei morti per l’influenza. Ai 28, già troppi, segnalati giovedì dall’ultimo report regionale, se ne devono aggiungere altri due, spirati venerdì all’ospedale di Padova. Ed entrambi giovani. Si tratta di un uomo di 47 anni, non vaccinato e ricoverato in Terapia intensiva perchè già colpito da malattie importanti che hanno determinato l’esito fatale, e di una donna di 55 anni, di Arco (Trento).
Il 19 gennaio la paziente, anche lei afflitta da patologie pregresse, si era presentata al Pronto soccorso del suo paese, che l’aveva subito indirizzata all’ospedale di Rovereto. Dopo gli accertamenti nel reparto di Malattie infettive, che avevano tracciato un grave quadro clinico a causa della cosiddetta influenza «suina» degenerata in polmonite, i medici ne avevano deciso il trasferimento all’Azienda ospedaliera della città del Santo, centro di riferimento per la terapia Ecmo, cioè l’ossigenazione extracorporea del sangue.
«A causa dell’insufficienza respiratoria la signora è rimasta in Terapia intensiva per sedici giorni, sotto Ecmo — conferma il direttore sanitario, Gianluigi Scannapieco — purtroppo venerdì è morta in seguito alle complicazioni dell’influenza. Abbiamo altri malati in Terapia intensiva, ma le loro condizioni non sono così gravi. A noi arrivano i casi più complicati, tanto è vero che per far fronte all’emergenza abbiamo dovuto chiudere metà Clinica di Ginecologia e dirottare letti e personale alle Medicine, oberate di ricoveri, in più rimandare diversi interventi chirurgici programmati, perchè le Terapie intensive sono altrettanto piene. Ma adesso la pressione comincia ad allentarsi».
Lo conferma il Servizio di Prevenzione della Regione, che nell’ultima settimana di sorveglianza rileva un calo del tasso di incidenza di oltre dieci punti, dopo l’apice riscontrato nei precedenti 15 giorni. Ora il Veneto si attesta a 80 casi ogni 10 mila abitanti, contro i 103 di indice nazionale, per un totale di altre 39.560 persone a letto (894 gli ultimi infetti) dal 26 gennaio al primo febbraio. Rimane in aumento il contagio nei bambini tra 5 e 14 anni, mentre scende nella classe d’età 15/64. Insomma, sembrerebbe scongiurato un secondo picco, ma l’allarme non rientra perchè i casi gravi sono 153 (età media 57 anni), 95 dei quali gravati da infezioni respiratorie acute, 84 ricoverati in Rianimazione e 10 sostenuti da Ecmo. Insomma, c’è ancora chi rischia la vita in questo inverno che si è rivelato il più drammatico in termini di decessi legati al «male di stagione». Già 30, contro i due dell’anno scorso. Erano state invece cinque le vittime nel 2013, una nel 2012, 22 nel 2011, quando scoppiò la variante «suina» dell’infezione, e 13 nel 2010.
La maggior parte delle morti è avvenuta a Padova (13), una ha riguardato una bimba di due anni e la maggioranza è riferita a over 65 anni (17 casi). «Questi numeri — commenta l’Assessore alla Sanità, Luca Coletto — confermano che siamo in presenza di un’influenza stagionale molto aggressiva, purtroppo aiutata dal forte calo delle vaccinazioni, indotto dalla disinformazione sui rischi effettivi del vaccino e dai dubbi sollevati dal ritiro di lotti del Fluad, poi risultati a posto. Il sistema ospedaliero ha retto bene all’urto, non indifferente, e tutti i nostri medici hanno fatto l’impossibile per limitare i danni».
Va però detto che i sanitari hanno contribuito alla diffusione del virus perchè non si sono vaccinati. Medici e infermieri non solo in molti casi si sono trasformati in «untori» ma hanno anche creato seri problemi di organico a ospedali già in affanno per l’accesso massiccio di pazienti in Pronto soccorso, Medicine, Geriatrie e Terapie intensive. Vano l’invito a immunizzarsi rivolto al personale dai direttori generali delle Usl.
Michela Nicolussi Moro – Corriere del Veneto – 8 febbraio 2015