Nel documento consegnato alla commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali, il commissario straordinario Vittorio Conti spiega la missione dell’ente e conferma che se dovessero venir meno altre risorse a causa della spending review, il sistema pensionistico potrebbe entrare in crisi.
Equilibrio del sistema pensionistico e adeguatezza degli assegni compromessi senza la crescita del Pil e degli occupati. «L’efficienza e la qualità della gestione dell’Istituto sono una delle garanzie di sostenibilità del nostro sistema previdenziale, un equilibrio che a livello macroeconomico è invece assicurato solamente se il Pil cresce e gli occupati non calano». Vittorio Conti, commissario straordinario dell’Inps, ha esordito così, davanti alla commissione parlamentare di controllo sugli enti di previdenza, dove ha presentato le linee guida del piano industriale 2014-2016 che verrà consegnato al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, entro fine mese.
Sulla qualità del servizio può agire il piano industriale dell’Istituto, mentre è la crescita a garantire l’equilibrio di lungo periodo dei conti previdenziali e l’adeguatezza delle pensioni. Tuttavia, Conti ha ammonito che l’Inps è in una «situazione limite» nella quale non ci sono «ulteriori margini» per tagli alla spesa e al personale «senza incidere sui livelli di servizio per la cittadinanza».
Il piano industriale prevede un’immediata fase applicativa con obiettivi di breve-medio termine, come il compattamento della struttura di vertice, e di più lungo periodo, come la razionalizzazione delle sedi territoriali e delle agenzie con l’azzeramento entro il triennio delle spese per affitto, con un risparmio di 100 milioni.
Rispetto alle ipotesi fatte a gennaio dall’ex presidente, il vertice dell’Istituto sarà formato da 38 funzioni di livello dirigenziale generale rispetto alle 56 attuali, a cui se ne aggiungono 11 collegate a progetti temporanei (Mastrapasqua prevedeva 31 dirigenti generali più 17 con incarichi di studio e ricerca riassorbibili). Inps funzionerà con un rapporto dirigenti/addetti di 1 a 60 contro medie inferiori di 1 a 10 di tanti enti locali, ha fatto notare Mauro Nori, direttore dell’Istituto. Sempre sul fronte delle risorse umane, il piano prevede un fabbisogno nel triennio di circa 2.500 dipendenti aggiuntivi (quest’anno si scenderà da 32 a 30mila addetti). Per Inps bisognerebbe uscire dai vincoli di turn over; vincoli che rischiano di essere ristretti con il nuovo ciclo di revisione della spesa annunciato dal Governo.
Vittorio Conti, nominato il 13 febbraio con un mandato di sei mesi in attesa della definizione di una nuova governance degli istituti previdenziali, ha confermato che verranno rispettati gli obiettivi di risparmio a regime sulle spese di funzionamento che Inps deve garantire da quest’anno, in applicazione della vecchia spending review (Dl 95/2012) e dei precedenti tagli lineari: 515,7 milioni di euro. I costi di funzionamento dell’Istituto resteranno al di sotto delle medie europee, visto che già nel 2011 erano pari al 2,55% del totale della spesa di protezione sociale (-0,46% rispetto alla media dei 27). Conti ha anche offerto un raffronto con le spese di funzionamento delle imprese di assicurazione: il totale delle spese di funzionamento Inps nel 2012 è stato pari al 2,18% delle entrate contributive (210 miliardi), contro il 2,43% del rapporto tra costi gestionali e premi, al netto del personale non commerciale e delle spese commerciali, delle assicurazioni (dati Ania 2008-2012). Oltreché sul personale e la sua formazione, il piano prevede investimenti anche sul fronte delle tecnologie informatiche (nel 2012 sono stati spesi 437,8 milioni contro i 641,3 dell’istituto previdenziale francese e i 697 di quello inglese). Conti e Nori hanno insistito sul “rischio reputazionale” che grava sull’Inps: occorre investire sulle dotazioni, che hanno raggiunto il limite massimo di produttività pro capite, per assolvere alle crescenti esigenze funzionali. Tra queste potrebbe a breve rientrare il piano di informazione sulle future pensioni (la cosiddetta “busta arancione”), se il governo deciderà di farlo partire.
Il Sole 24 Ore – 21 marzo 2014