Michela Nicolussi Moro. «I giorni 8 e 9 novembre 2017 lo studio è chiuso per protesta per le inadempienze della Regione nella sanità territoriale, verso i cittadini e i medici di famiglia. Chiediamo ai cittadini di scusare il disagio, chiediamo comprensione e sostegno. Lo facciamo soprattutto per voi. Vengono garantite le sole visite domiciliari urgenti e ai pazienti in assistenza domiciliare integrata. Per le altre prestazioni si invita a rivolgersi al Pronto Soccorso». E’ l’avviso che ieri i 3150 medici di famiglia del Veneto hanno appeso alla porta dei loro ambulatori, nel primo dei due giorni di sciopero indetto dalle sigle di categoria Fimmg, Snami, Smi e Intesa sindacale per contestare alla giunta Zaia il mancato potenziamento della sanità territoriale. Al di là del braccio di ferro, c’è un dato che mette d’accordo tutti, Tribunale del Malato compreso: nonostante l’alta adesione, non si sono riscontrati disagi alla popolazione.
Secondo i camici bianchi l’adesione ha raggiunto il 100% a Cavarzere, l’83% a Treviso, l’81% a Venezia e a Rovigo, l’80% a Belluno, il 79,3% a Padova, il 75% a Vicenza e a Verona. Le rilevazioni della Regione parlano invece di una media del 67% di serrate (con punte dell’84% ad Adria e dell’82% a Chioggia) e del 52% di ricette saltate. «Non è corretto dosare l’astensione sulle prescrizioni, perché le abbiamo garantite ai malati gravi e cronici, così come le cure urgenti e le visite a domicilio — osservano Domenico Crisarà (Fimmg), Salvatore Cauchi (Snami), Liliana Lora (Smi) e Ildo Antonio Fania (Intesa sindacale) —. Se questa dimostrazione di responsabilità nei confronti dei pazienti, che avremmo potuto mandare al Pronto soccorso, deve tornare a nostro discapito come un boomerang, ci ripenseremo. Pur ritenendo indispensabile una mobilitazione che la Regione potrebbe interrompere in ogni momento con una minima dimostrazione di buona volontà, abbiamo cercato di tutelare gli utenti. Ognuno di noi ha aumentato le visite al lunedì e al martedì, portandole a 40 a giornata e programmandone altrettante per domani. Negli studi abbiamo inoltre lasciato le segretarie come punto di riferimento dei cittadini, che nelle Medicine di Gruppo integrate, cioè gli ambulatori h12, hanno trovato pure gli infermieri».
Da Regione e Usl giunge un messaggio univoco: «Nessun assalto ai Pronto soccorso, comunque potenziati con l’aggiunta di un turno di medici e uno di infermieri. Solo qualche accesso in più». «Il piano ha funzionato — conferma per esempio il direttore generale dell’Usl 2 Marca Trevigiana, Francesco Benazzi — abbiamo registrato un aumento di pazienti pari al 10%, ma grazie agli otto camici bianchi in supporto all’organico abituale è andato tutto bene». E infatti i medici ospedalieri sono solidali — altro evento storico — con i colleghi «convenzionati». Per tutti si è esposto Giovanni Leoni, segretario regionale della Cimo e presidente dell’Ordine dei Medici di Venezia, che ha scritto una lettera ai rappresentanti di categoria: «Cari colleghi, apprezzo profondamente la vostra unità e il vostro coraggio in questa dura battaglia, per me siete un esempio che ricordo ad ogni occasione ai colleghi della dipendenza. Auspico che ogni decisione che assumerete sia sempre indirizzata alla difesa di una adeguata qualità della professione, nel rispetto dei pazienti e della dignità del nostro essere medici». Per una volta concorda il battagliero presidente veneto del Tribunale del Malato, Giuseppe Cicciù: «Non ci è arrivata alcuna segnalazione di disservizi da parte della gente, segno che i medici si sono organizzati bene. Vedremo oggi». Invoca un segnale dalla Regione il Pd, con il consigliere Claudio Sinigaglia: «Come può restare indifferente? È possibile che di fronte a una mobilitazione di questa entità ci sia soltanto silenzio?».
Il Corriere del Veneto – 9 novembre 2017