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Flessibilità sul lavoro? Un paradosso: piace ma non si applica

La flessibilità sul lavoro, molto sbandierata a parole, risulta meno praticata nella realtà. Una contraddizione emersa da un’indagine Microsoft condotta attraverso i responsabili aziendali di 15 nazioni europee e tra queste anche l’Italia.

In particolare nel nostro Paese il 64% delle imprese è convinto dell’importanza del lavoro flessibile quale condizione per attrarre e fidelizzare i migliori talenti, mentre nel 71% dei casi si sostiene che porta a un aumento di quasi il 50% della produttività dei dipendenti. In base a questo atteggiamento positivo, il 68% delle aziende dichiara di consentire il lavoro flessibile e di queste il 71% afferma di disporre nella propria organizzazione di politiche e linee guida specifiche.

L’opinione dei dipendenti è abbastanza diversa. Infatti, solo il 49% sostiene di avere l’opportunità di lavorare in maniera flessibile e meno di un terzo, il 26%, dice di ricevere dal proprio datore di lavoro linee guida.

Insomma, secondo Microsoft, nonostante il diffondersi delle tecnologie offra alle imprese la possibilità di adottare, a costi sempre più accessibili, nuove strategie organizzative, permangono forti resistenze. Oggi la quotidiana attività di molti dipendenti potrebbe essere svolta a decine se non a centinaia di chilometri di distanza dalle sedi aziendali, basterebbe costruire rapporti di lavoro più fondati sulla fiducia, la responsabilità, l’orientamento agli obiettivi e alle motivazioni. I vantaggi economici sarebbero non trascurabili: si realizzerebbero soprattutto risparmi relativi a immobili e spese di viaggio. Germania, Regno Unito e Norvegia sono i Paesi più favorevoli verso la flessibilità, Belgio, Portogallo e Italia quelli meno propensi

27 maggio 2012

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