Un pareggio onorevole e, soprattutto, indolore per tutti. Nelle pieghe del disegno di legge sulla Pubblica amministrazione un articolo è dedicato al destino dell’Automobil Club d’Italia (Aci), del Pubblico registro automobilistico (Pra) e della Motorizzazione Civile. Nomi e sigle note ai cittadini e agli automobilisti che, da sempre, le identificano come inossidabili pezzi della burocrazia amministrativa.
Tanto che lo scorso 30 aprile il premier, Matteo Renzi, illustrando la riforma della Pubblica amministrazione, aveva preconizzato con tono asciutto «l’accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione». Un annuncio che suonava bene e convincente. Al punto che la consultazione pubblica via web, voluta dal governo sul progetto di riforma della P.a., ha visto l’idea della fusione Aci-Pra-Motorizzazione piazzarsi al quinto posto nell’elenco delle riforme più auspicabili.
Un accorpamento tout court si sarebbe tradotto in un terremoto, stabilendo la fine di un modello organizzativo ridondante. Da una parte l’Aci, un ente pubblico vigilato dal ministero del Turismo, che controlla il Pra (2.500 persone e 106 uffici provinciali) per la gestione del certificato di proprietà dell’auto, dall’altra la Motorizzazione Civile (88 uffici provinciali), una direzione generale di un dipartimento del ministero dei Trasporti, che cura l’emissione dei libretti di circolazione con i dati tecnici dei veicoli. Va da sé che questo sistema si accompagna a una sfilza di costi legati a strutture e dipendenti. Per il certificato di proprietà sono previsti, al netto di eventuali commissioni di agenzia, 27 euro di emolumenti a favore del Pra, 32 euro di bolli e l’imposta provinciale di trascrizione (Ipt), che va da 151 euro in su, in base alla potenza fiscale del veicolo. Nel caso del libretto di circolazione i costi fissi sono 32 euro di bolli, 9 euro di diritti in favore della Motorizzazione e il costo delle targhe del veicolo. Dall’accorpamento di Pra e Motorizzazione potrebbero, insomma, discendere efficienze e riduzione dei costi.
Lo stesso commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ha calcolato risparmi per circa 60 milioni di euro. Il punto è che si sarebbe dovuto stabilire d’imperio una fusione che né Aci, né Motorizzazione, guardandosi in cagnesco, hanno mai inteso avviare. Non a caso, il progetto è scomparso dal decreto di riforma della P.A. approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 giugno. Meglio trattare e approfondire la questione nel disegno di legge delega relativo alla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Anche alla luce delle divergenze di veduta emerse al ministero delle Infrastrutture. Il viceministro Riccardo Nencini non ha fatto mistero di puntare al trasferimento del personale e delle competenze del Pra sotto il controllo della Motorizzazione. Il ministro Maurizio Lupi è parso più disponibile assecondare le rivendicazioni dell’Aci per scongiurare il temuto «esproprio» del Pra. Sollecitazioni e capacità di lobby hanno fatto il resto. A restituire plasticamente l’idea di come sia andata finire è proprio il disegno di legge delega approvato in consiglio dei Ministri il 10 luglio.
L’articolo 2 prevede che per «contenere i costi connessi alla proprietà e alla circolazione dei veicoli e realizzare significativi risparmi per l’utenza» è prevista «l’introduzione di un unico documento contenente i dati di proprietà e di circolazione dei veicoli».
Certificato e libretto, dunque, spariscono e nascerà il documento unico del veicolo. Poche righe più avanti però si precisa che i risparmi discenderanno dal «collegamento e l’interoperabilità dei dati detenuti dalle diverse strutture, riorganizzando, mediante eventuale accorpamento le funzioni del Pra e della Motorizzazione Civile». Un passaggio sibillino che affida all’eventualità ciò che sembrava inderogabile. Il pareggio, insomma, non scontenta nessuno e permette all’Aci e alla Motorizzazione di abbassare la guardia e confidare nei tempi lunghi della delega governativa sulla P.a. destinata, nelle migliore delle ipotesi, ad essere esaminata da settembre in poi. Sepolta l’ipotesi dell’accorpamento resta da definire come fare risparmiare gli automobilisti.
La soluzione del documento unico porta alla riduzione delle imposte di bollo, oggi presenti sia nel certificato di proprietà sia nel libretto di circolazione. Il calcolo è che il nuovo documento unico consenta un risparmio di almeno 16 euro di bolli, per un valore complessivo di quasi 160 milioni di euro. Gli automobilisti spenderanno di meno ma all’erario rischiano di mancare all’appello 160 milioni, sempre che Renzi non chieda sacrifici all’Aci e alla Motorizzazione come già fatto, per esempio, con la Rai.
Andrea Ducci – Corsera – 20 luglio 2014