Petrini: “Coltivate sogno e pragmatismo”. In 28 anni non era mai successo. Per la prima volta nella sua storia Slow Food Italia si è presentata ieri davanti ai 771 delegati regionali (espressione di 45mila soci) riuniti a congresso in Trentino, a Riva del Garda, con due candidati – e relative squadre di dirigenti – al ruolo di presidente.
Prima non c’era bisogno di porsi il problema: per 20 anni a guidare la chiocciola italiana ci aveva pensato in forma plebiscitaria Carlo Petrini; e quando nel 2006 il fondatore del movimento ha deciso di allargare ulteriormente i suoi orizzonti, ha designato Roberto Burdese come suo giovane successore, che è rimasto in sella per due mandati.
Scenario inedito e conseguenza di una positiva evoluzione, dunque, che si scioglierà domani con l’elezione degli organismi dirigenti dopo tre giorni di discussioni e interventi come quello introduttivo del ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina. Ma anche dopo mesi di «scaramucce interne che non mi hanno entusiasmato», come ha detto ieri Petrini, auspicando «una ricomposizione dopo il congresso, perché non è accettabile che la logica della vecchia politica entri nella nostra casa. Da sempre io preferisco i saldatori ai rottamatori».
Premesso che entrambi i programmi condividono i principi fondamentali e gli ideali di Slow Food, a partire dalla centralità del progetto Terra Madre, i profili dei due candidati sono assai differenti, a partire dalla provenienza territoriale. La prima aspirante, Cinzia Scaffidi, ha il pedigree braidese: è cresciuta a pane e Petrini fin dal lontano 1992 e oggi dirige il Centro studi Slow Food, approfondendo i temi principali portati avanti dal movimento a livello internazionale. Il secondo pretendente, Gaetano Pascale, è un agronomo campano attivo nell’associazione dal 1997 e pare che questa sua provenienza extra-piemontese abbia fatto breccia tra molti delegati che ritengono sia arrivata l’ora di lanciare un segnale di cambiamento alla sede centrale.
Il programma della Scaffidi s’intitola «Relazioni che cambiano il mondo» e si basa su parole come «apertura», «politica» e «formazione». «Noi – dice – non siamo un’azienda che organizza eventi e degustazioni, ma organizziamo eventi e degustazioni perché abbiamo un’idea originale che vogliamo diffondere. E questa idea è la centralità del cibo per il futuro sostenibile del nostro Pianeta. Slow Food è una lumaca ribelle, è il rallentamento che inceppa i meccanismi e innesta il cambiamento».
Pascale, invece, ha intitolato il suo programma «Seminiamo il futuro… coltivando il presente». Le sue parole chiave sono «concretezza», «condivisione» e «partecipazione». Dice: «Per me Slow Food è un progetto di vita che attraverso il cibo migliora l’ambiente, l’economia, la salute e il benessere delle persone. Non amo molto chi elabora teorie astratte per poi cercare di applicarle all’agricoltura. Preferisco un approccio più concreto, con obiettivi chiari e misurabili».
Petrini non si espone, ma elargisce consigli: «Siate coraggiosi, coltivate insieme visionarietà e pragmatismo, e soprattutto ricordatevi che noi siamo partigiani: non siamo per il denaro, ma per la solidarietà, non per il potere, ma per l’amicizia. Viaggiamo in terza classe non solo per mancanza di mezzi, ma per scelta, perché la compagnia ci piace di più. Il nostro Expo si chiama Terra Madre».
La Stampa – 10 maggio 2014