Il rischio, per la sanità, di fare la fine della Camera di Commercio e del sindacato, c’è tutto. La trevigianizzazione anche di un comparto fondamentale come quello della salute. È la grande paura di Gianpaolo Bottacin, che in Regione difende, da assessore, le prerogative di Belluno. Ma è pure il timore della maggior parte dei bellunesi.
Condivisione, dunque, dell’allarme. Ma sul come intervenire il popolo delle Dolomiti si divide. Ecco infatti che Bottacin, sulla base delle preoccupazioni che arrivano da Roma e che impongono scelte di forte discontinuità a Venezia nella razionalizzazione del sistema sanitario, ragiona a voce alta fino al limite della provocazione. Le barricate vanno fatte, a suo avviso, per un’unica Usi e per un unico Punto nascita, altrimenti sarà giocoforza che l’azienda sanitaria provinciale di Treviso, da un milione di utenti, fagociti anche le due bellunesi, con i relativi servizi. Non subito, ma sicuramente fra qualche anno.
Punto nascita. «Il punto nascita di Pieve, stando alla logica del Governo, è indifendibile: solo 126 nascite l’anno scorso. Roma ha deciso che sotto i 500 parti le condizioni di sicurezza non ci sono». Ma il peggio è che la stessa maternità di Belluno può entrare in area pericolosa. Nel 2015 sono nati 543 bimbi al San Martino, 60 in meno rispetto al 2014 (266 femmine e 276 maschi). Che cosa accadrà quest’ anno? Le anticipazioni che Bottacin ha a disposizione non sono affatto rassicuranti. «Siamo davvero al limite». Per cui? «Se vogliamo salvare almeno un punto nascita in provincia di Belluno, dobbiamo smetterla con le proteste strumentali, volte a rinnovare i campanilismi. È giusto che a Pieve di Cadere restino i servizi essenziali assicurati in questi giorni dal direttore Rasi Caldogno, ma l’opzione generale va fatta su Belluno, non fosse altro perché già da tempo molte mamme del Cadere, del Comelico e dell’Ampezzano vengono a partorire a Belluno».
Usl unica. Con lo stesso spirito “anti campanilistico” bisogna ragionare sull’organizzazione della sanità. «Ci sarà un motivo per cui Alessandra Moretti, candidata presidente del Pd in Regione, aveva proposto un’Usl per provincia?», Bottacin riporta il caso dei consiglieri regionali della Pedemontana trevigiana, favorevoli all’azienda unica provinciale. «Se rimanessero attive quelle di Pieve di Soligo e Castelfranco, loro sanno bene che le due Usl verrebbero fagocitate da Treviso. Due aziende nel Bellunese farebbero la stessa fine. Ma nella Marca si sa bene, anche da parte dei fautori dell’azienda unica, che questa non significherebbe la chiusura degli ospedali. Anzi, la loro qualificazione, seppur in sinergia con gli altri. Solo a Belluno si crede alla favola che un’azienda più forte possa procedere a delle chiusure». Azienda unica, dunque, ospedali assicurati. Altrimenti no, secondo l’assessore regionale.
La replica. Bottacin coglie anche la circostanza per replicare agli ex assessori Dario Bond e Guido Trento sulla carenza di personale medico a servizio della “periferia cadorina”. «Che i bandi vadano deserti in montagna, non è una novità; capita da parecchi anni, accadeva anche quando loro erano in Regione. Il problema è che la Regione non può incentivare questi arrivi. E se lo potesse, non avrebbe le risorse per farlo». Il presidente Zaia, dal canto suo, ribadisce ancora una volta, in faccia alle proteste, che la sanità bellunese è stata messa in sicurezza per tutto ciò che serve ai possibili malati. E che quest’impegno continuerà. «Devo ancora ripetermi che nessun ospedale è stato o verrà chiuso?».
5 settembre 2016