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Lavoro in Veneto, dal 2007 “bruciati” 37 mila posti. Calcolo della Cgia di Mestre: molte zone europee hanno resistito meglio

L’Assemblea degli azionisti di InfoCamere, la società che gestisce il patrimonio informativo delle Camere di Commercio, ha approvato il bilancio 2013. Il valore della produzione ha raggiunto i 97,7 milioni di euro, in linea con il risultato del 2012. Significativa la riduzione dei costi (oltre 7 milioni di euro), sia di produzione che di funzionamento, avuta nell’ultimo anno: il 12,6%, frutto di politiche di contenimento e razionalizzazione degli acquisti.

Il Mol si attesta a 11,7 milioni con un aumento di 1,5 milioni sul 2012, grazie alla diminuzione dei costi operativi, con l’Ebit incrementato di 1,3 milioni; invariato il contributo consortile che, come nel 2012, è pari a 7,3 milioni. Nel corso del 2013 gli investimenti su progetti di ricerca e sviluppo e di evoluzione delle infrastrutture informatiche hanno superato gli 8 milioni di euro, in leggera flessione sul 2012. Parte rilevante delle iniziative di ricerca e sviluppo, InfoCamere le ha destinate al processo di semplificazione e innovazione degli adempimenti verso la Pubblica amministrazione. di Eleonora Vallin wVENEZIA Quadro negativo per il lavoro. A stilarlo è la Cgia di Mestre che ha fotografato l’andamento dell’occupazione tra il 2007 e il 2013 nelle principali regioni europee competitor del Nordest. Solo il Veneto (-37.200), il Friuli Venezia Giulia (-22.400), la Zuid-Holland (-28.100) e la Zahodna Slovenija (-17.800) hanno visto contrarsi in maniera pesante il numero dei lavoratori. Tutte le altre aree hanno registrato un significativo incremento. In Baviera, per esempio, a fronte di 530.500 nuovi posti di lavoro, il tasso di occupazione è salito al 77,1%: quasi 14% in più rispetto al dato veneto (63,3%). Nel Baden-Wurttemberg, invece, l’aumento degli occupati segna più 390.100 unità. Buona la crescita anche in Tirolo, +18.200 unità, e Carinzia, +1.700. Un conto salato, quello del lavoro, anche per la Fondazione Nord Est che tra il 2008 e il 2012 calcola siano state bruciate nelle tre regioni nordorientali oltre 100mila dipendenti nella manifattura (-75mila) e nelle costruzioni (-28mila), due comparti in passato fortemente trainanti. «L’impatto della crisi si è tradotto in una progressiva riduzione della richiesta di figure operaie (-65.000 il saldo tra assunzioni e cessazioni tra il 2009 e il 2013) di cui il manifatturiero non avrà più bisogno». «La discontinuità – precisa la Fondazione – si conferma nella crescita di occupazione registrata nel settore dei servizi per le imprese mirati all’internazionalizzazione, alla comunicazione e alla trasformazione digitale (+6.500 dipendenti)». Ma che non bilanciano le perdite, e il Nord Est è orfano di 63mila posizioni di lavoro. «L’unico vero obiettivo è la crescita» precisa il presidente della Fondazione Francesco Peghin. Anche qui, il confronto su scala continentale indica la strada: «Mentre il Nord Est e la Cataluña perdono occupati, il Rhône Alpes recupera la caduta e in Germania Baden Wurttemberg e Bayern crescono. È evidente la ricetta a cui le nuove linee di lavoro per l’Europa dovrà rifarsi», rilancia Peghin. Importanti anche i dati della disoccupazione giovanile a Nordest che, nella fascia d’età 15-24 anni, ha toccato il 23,5%, il 9,8% in quella 25-34 anni. Eppure qualche segnale incoraggiante c’è: «Le imprese che nel 2013 hanno creato nuova occupazione sono quelle internazionalizzate – sottolinea il direttore scientifico Stefano Micelli -. E tra i settori in crescita spicca il made in Italy, emblema della capacità di far crescere il valore dei prodotti creando nuove opportunità di occupazione».

Il Mattino di Padova – 2 maggio 2014 

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