Cinque miliardi di tasse in meno sui lavoratori e 5,6 «abbonati» alle imprese. In tre anni. Questo è il punto: in tre anni. Perché, stando così le cose, questo significherebbe che i tagli per lavoro e impresa contenuti nella legge di Stabilità sarebbero pari a poco più di tre miliardi l’anno. Molto meno di quanto richiesto, tra gli altri, da Confindustria insieme con Cgil, Cisl e Uil con un documento comune siglato a settembre a Genova. Ma anche molto meno di quanto si aspettassero le associazioni delle piccole imprese riunite in Rete Imprese Italia.
Ieri sera, quando dopo una breve conferenza stampa del governo è ripreso il Consiglio dei ministri, le parti sociali hanno preferito non sbilanciarsi con commenti ufficiali. Ma in via ufficiosa non nascondevano la delusione. D’altra parte Confindustria si aspettava almeno 4-5 miliardi di euro l’anno solo per ridurre il cuneo fiscale. Secondo quanto anticipato dal premier Enrico Letta, invece, alla fine ci si è fermati a 2,5 miliardi per il 2014. Di cui 1,5 a vantaggio dei lavoratori e uno per le imprese. «Speravamo in una scossa in grado far ripartire il motore in panne dell’economia. Questa è solo una piccola scintilla», commentavano ieri sera le rappresentanze delle aziende, piccole e grandi, da Confindustria a Confcommercio.
Con fatica il vantaggio in busta paga per i lavoratori arriverà ai 200 euro lordi l’anno stimati nei giorni scorsi. Così il giudizio più severo arriva dalla Cgil. «Queste sono briciole. Contavamo su un segnale a favore della redistribuzione dei redditi. Qui non c’è nulla per ridurre le disuguaglianze». Non va per il sottile nemmeno la Uil: «Con questa legge di Stabilità la riduzione delle tasse è una finzione, di conseguenza anche la ripresa sarà solo sulla carta», fa sapere la confederazione guidata da Luigi Angeletti. E ancora: «L’unica cosa vera resterà la disoccupazione».
Più disponibile a vedere il bicchiere mezzo pieno la Cisl di Raffaele Bonanni: «Dopo tanti anni finalmente qualche segnale positivo rispetto alla riduzione delle tasse per imprese e lavoratori». «Bisogna certamente fare di meglio sul fisco – dicono in Cisl –. Ma chi chiede di più (i colleghi di Cgil e Uil?) deve essere altrettanto chiaro e coerente nel rivendicare la necessità di combattere sprechi, inefficienze e ruberie».
Dettaglio non trascurabile: il premier ha fatto presente che saranno il Parlamento e le parti sociali a decidere come, in concreto, usare le risorse per il taglio delle tasse a imprese e lavoratori. «Questa scelta denota una mancanza di responsabilità del governo – tagliano corto in Cgil –. Ora si demanda tutto alle parti sociali. E pensare che su queste materie finora al sindacato sono state concesse a malapena un paio d’ore di confronto».
Rita Querzé – Corriere della Sera – 16 ottobre 2013