Un terreno fertile per la campagna elettorale. Il percorso parlamentare per l’approvazione del decreto Irpef, quello per il bonus da 80 euro, si sta trasformando in un campo di battaglia dove le forze politiche si esercitano con proposte, modifiche e stravolgimenti del testo. Complice la scadenza dei termini per presentare gli emendamenti, ieri, al Senato, è andata in scena una lunga giornata, anche a causa di un guasto tecnico al server di Palazzo Madama.
Tanto che è slittata a questa mattina la scadenza per depositare le proposte di modifica al decreto. Gli emendamenti già pervenuti sono oltre mille, ma in attesa dell’approdo in Aula, il governo è intenzionato a tenere il punto sul taglio del cuneo fiscale e sui destinatari del bonus, cioè i lavoratori dipendenti. Indicazioni che non sembrano turbare i gruppi parlamentari. Forza Italia, dopo avere definito il decreto «una rapina», ha avanzato una serie di proposte emendative come l’estensione del bonus a pensionati, autonomi e incapienti. Il capogruppo al Senato, Paolo Romani, ha chiesto anche di eliminare l’aumento della tassazione sulle rendite e sui conti correnti, in particolare quelli postali. Tra le proposte di Forza Italia c’è pure uno sconto per gli abbonati Rai attraverso la riduzione del 10% del canone tv. Modifiche spendibili in campagna elettorale che mirano in ogni caso ad ampliare il numero e le caratteristiche dei beneficiari indicati nel decreto.
Anche Ncd, per bocca del suo leader, Angelino Alfano, ritiene che i destinatari del bonus debbano essere rimodulati: «Proponiamo l’introduzione del fattore famiglia. La soglia di reddito di 1.500 euro va alzata a 1.800 per chi ha due figli, a 2.200 per chi ne ha tre e a 2.600 per chi ne ha quattro». L’indicazione dell’alleato di governo di Matteo Renzi è, insomma, netta, al punto di aggiungere che il costo dell’operazione è stimato in circa 400 milioni e che «le coperture sono gestibili».
Non è un caso se nel Pd, pronto a sua volta con un centinaio di emendamenti, si siano sollevate una serie di voci (il viceministro Enrico Morando e la relatrice Cecilia Guerra) per ribadire che non saranno ammessi stravolgimenti del testo originario. L’obiettivo, del resto, è dilazionare i tempi e scavallare la data del 25 maggio: l’esito delle elezioni europee potrebbe, infatti, ridefinire gli equilibri politici. Con effetti anche sul decreto maggiormente propagandato dal governo Renzi. Il provvedimento ieri è finito anche nel mirino dell’Anci (Associazione dei Comuni) che contesta gli obblighi di tagli imposti ai Municipi. Il presidente dell’Anci, Piero Fassino, ha spiegato che da un esame sul «contributo che i Comuni dovranno versare per la spending review è emerso che la cifra non è di 350 milioni, ma arriva al miliardo di euro». Un salasso che i sindaci non intendono accettare. Fassino, al termine di un incontro con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e la Ragioneria generale dello Stato, ha riferito dell’avvio di un tavolo tecnico di confronto «per approfondire ogni singolo articolo della spending review sui Comuni, e l’Anci avanzerà proposte integrative e correttive».
Ieri intanto nel corso di un’audizione in commissione Finanze del Senato, il direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, ha rivelato la crescita della lista delle agevolazioni fiscali concesse ai contribuenti italiani. Le misure introdotte nell’esercizio 2014 sono 14 in più rispetto all’anno precedente. Il monitoraggio delle tax espenditures conta in totale 285 misure di agevolazione per un importo complessivo che ormai sfiora 152 miliardi di euro.
Sul fronte politico la giornatasi è chiusa con il voto di fiducia al governo sul decreto Lavoro alla Camera. Il provvedimento è stato approvato con 333 «sì», contro 159 «no». Per l’esecutivo quella di ieri sera è stata la terza fiducia incassata sul decreto, predisposto dal ministro del Welfare, Giuliano Poletti, che rivede la normativa sull’apprendistato e i contratti a termine. Oggi è in calendario il voto definitivo sul provvedimento.
Andrea Ducci – Corriere della Sera – 14 maggio 2014