Andare dal collega sul posto di lavoro col registratore non nascosto ma acceso, e registrare il colloquio con l’intenzione di fare emergere irregolarità nelle condizioni di lavoro: dov’è il confine tra lo spazio di manovra di un lavoratore che agisca in prima persona (anche con registrazioni) per documentare le magagne aziendali che ritiene giusto denunciare, e invece la messa in atto di un comportamento pregiudizievole per l’azienda e lesivo della riservatezza dei colleghi, tale da giustificare addirittura la sanzione disciplinare della sospensione o del licenziamento?
Con una sentenza pubblicata ieri, la sezione lavoro della Corte d’Appello di Milano (Sala-Tragni-Cuomo) ha ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare deciso dall’ospedale di Lecco nei confronti di una dottoressa, sindacalista del Cimo e attivista del Movimento 5Stelle (poi anche candidata al Parlamento Europeo ma non eletta), che a una collega il 22 gennaio 2014 si era presentata dichiaratamente con il registratore già acceso: per i giudici questa condotta è «rivelatrice di un comportamento ingiustificatamente aggressivo e polemico, tale da ingenerare inutile disagio e timori nella collega, pregiudicando una spontanea esposizione del proprio pensiero alla luce del sole». E «costituisce — come proponeva l’ospedale con l’avvocato Paolo Piana — manifestazione offensiva verso l’azienda e in contrasto con i più elementari doveri di correttezza, oltre che violazione in materia di riservatezza».
La donna (ora licenziata, anziché solo sospesa, perché già con un precedente disciplinare) replicava che «si era personalmente esposta verso l’amministrazione in due situazioni considerate illegittime, e cioè la refertazione in assenza di radiologo e il servizio di pronta disponibilità organizzato con modalità difformi dal dettato contrattuale e legale»; e rimarcava che la collega aveva acconsentito alla registrazione. Ma per la Corte ciò «nulla toglie alla gravità del comportamento non giustificato, al quale peraltro la dirigente registrata non si è sottratta “per orgoglio”, come si rileva dalla mail inviata a una superiore dopo un mese: dalla mail emerge tuttavia grandemente evidente il suo disagio e la richiesta di potersi sottrarre in futuro alla registrazione».
Luigi Ferrarella – Corriere della Sera – 4 setembre 2015