L’ira di Chiamparino con Palazzo Chigi: “Lascio la Conferenza dei governatori”. “Mi dimetto per il debito, ma c’è un problema di rapporti con il governo”
Maurizio Tropeano. Alle sei della sera, prima di imbarcarsi per tornare a Torino, Sergio Chiamparino, ritorna sulle sue dimissioni, irrevocabili ma congelate, da presidente della Conferenza delle regioni e spiega: «Io credo che anche in vista del nuovo Senato sia necessaria una nuova leadership che prenda in mano le redini del rapporto tra Stato e Regioni e non può farlo il Piemonte visto che ha una situazione debitoria tra le più disastrose».
Il deficit del Piemonte, dunque, è la causa ufficiale di queste dimissioni anche se poi Chiamparino ammette che «indirettamente» si augura che il gesto faciliti l’individuazione di «un presidente che governi una regione forte in sè e che non abbia bisogno di niente». È chiaro il riferimento alla scelta del governo Renzi di inserire il provvedimento «salva-Regioni» nella legge di stabilità invece di approvare un decreto «come concordato». Roberto Maroni, presidente della Lombardia gli esprime solidarietà perché «lascia la presidenza della Conferenza per protesta contro un governo che non mantiene i patti».
Dal punto di vista di Chiamparino, però, la sua scelta e l’indicazione che il suo successore debba guidare una Regione più forte economicamente dovrebbe permettere di affrontare meglio il problema politico legato ai difficili rapporti tra Stato e regioni. Lui ha cercato fino all’ultimo un maggior dialogo, inutilmente. Il vulnus istituzionale che ha fatto saltare gli equilibri è legato alle affermazioni del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: «La Sanità delegata alle regioni è stato un errore fatale». Affermazioni che secondo Chiamparino hanno bisogno di un chiarimento politico: «Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, ha detto che se il governo ha lo stesso giudizio della Lorenzin è bene che si prenda il settore e lo gestisca. Io sposo in pieno queste parole». Già perché secondo il presidente del Piemonte «l’organizzazione mondiale della Sanità riconosce come il nostro sistema sanitario sia tra i migliori al mondo anche per il rapporto costi/qualità». Dunque se «il pensiero del ministro, che ha un peso non indifferente nell’esecutivo, è condiviso da tutto il governo, allora si riprendano la Sanità e la gestiscano centralmente per cinque, dieci anni e alla fine i cittadini faranno il bilancio».
Una provocazione, naturalmente, che nasconde però l’irritazione profonda di Chiamparino, e degli altri presidenti, verso il governo Renzi: «Quelle parole – secondo il governatore del Piemonte – sono la metafora di tutti i rapporti tra il governo e le Regioni e, a questo punto serve un chiarimento non solo sulla sanità ma anche sul ruolo che si pensa debbano avere le Regioni». Anche perché se le indiscrezioni che rimbalzano da Roma sono vere, palazzo Chigi avrebbe scaricato sulle regioni un’altra patata bollente: i ticket. Il governo, cioè, sarebbe intenzionato a lasciare alle regioni in deficit la libertà di aumentare il ticket sanitario: «Ieri mattina – spiega Chiamparino – ne ho parlato con De Vincenti e non mi ha detto nulla, mi stupirei se fosse vero».
Quel che è certo, comunque, è che Sergio Chiamparino ha accettato di assecondare le richieste dei suoi colleghi è così resterà in carica fino all’approvazione della legge di Stabilità, poi lascerà la carica «perché le mie dimissioni sono irrevocabili». Il presidente del Piemonte, però, giocherà fino in fondo questa partita perché «ci sono ancora molte questioni da affrontare e comunque ci troviamo di fronte ad un bicchiere mezzo pieno, soprattutto per l’extra sanità».
La Stampa – 23 ottobre 2015