Uso di colistina in allevamento va ridotto per gestire il rischio di resistenza: l’Ema fissa la soglia per l’impiego veterinario
L’Agenzia europea per la regolamentazione sui medicinali (EMA) ha fissato una soglia per l’uso negli allevamenti della colistina che dovrebbe essere limitata ad un massimo di 5 mg per chilogrammo per il bestiame, onde evitare la pericolosa diffusione della resistenza batterica al farmaco, verificatasi lo scorso anno. La richiesta di fissare una soglia limite dell’uso della colistina un antibiotico a uso veterinario impiegato negli allevamenti è l’ultima di una serie di warning che riguardano la lotta alla resistenza agli antibiotici. In proposito l’EMA sostiene che se questo avvertimento per la colistina verrà applicato con successo, a livello europeo si potrebbe tradurre in una riduzione complessiva di circa il 65% delle vendite attuali della colistina per uso veterinario. Idealmente, però, il consumo dovrebbe essere ancora più basso, e l’EMA precisa che di fatto potrebbe essere auspicabile una soglia limite di 1 mg o meno, dato che Danimarca e Olanda hanno già raggiunto questo obiettivo, mentre altri Paesi, tra cui Spagna e Italia, hanno consumi di gran lunga superiori. Il parere Ema
La colistina, utilizzata per più di 50 anni sia negli animali che negli uomini, viene generalmente somministrata come trattamento di ultima linea delle infezioni causate da batteri multiresistenti.Lo scorso anno ha destato allarme un epidemia in Cina dalla quale è emerso che un nuovo gene rende i batteri altamente resistenti alla colistina. Come è noto i superbatteri resistenti agli antibiotici costituiscono una minaccia crescente in tutto il mondo; una revisione degli studi appena pubblicata su questo tema ha evidenziato l’importanza di nuove misure per affrontare il problema, compresa la necessità di limiti sull’uso di antibiotici in agricoltura e di nuovi investimenti nella ricerca di nuovi farmaci.
A rischio 10 milioni di persone
Jim O’Neill, ex capo economista di Goldman Sachs, che ha guidato la revisione, ha affermato che la resistenza agli antimicrobici potrebbe uccidere oltre 10 milioni di persone in più l’anno con un costo che può arrivare a 100 miliardi di dollari entro il 2050, se non si riesce a tenere sotto controllo questo fenomeno. Va aggiunto che l’esatta quantità di antibiotici usati nella produzione alimentare è globalmente difficile da stimare, ma gli esperti ritengono che tale quantità sia dell’ordine di grandezza simile a quella utilizzata dagli uomini.
Pericoli dalla catena alimentare
L’uso di routine supporta di fatto la resistenza ai farmaci, poiché i batteri sono esposti più spesso agli antibiotici e i ceppi farmaco-resistenti arrivano ad infettare l’uomo attraverso la catena alimentare. In conclusione, l’ente commerciale Health for Animals trade body, di cui fanno parte molte aziende ne campo veterinario tra cui Zoetis, Bayer, Merck e Elanco di Eli Lilly, sostiene un utilizzo più responsabile dei farmaci, aggiungendo, tuttavia, che spesso l’uso di antibiotici è necessario per le aziende agroalimentari. (Ema)
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Lo aspettavano, era solo questione di tempo. E lui è arrivato. Il batterio invincibile, reso più forte generazione dopo generazione dalla selezione darwiniana, si è affacciato in un ospedale della Pennsylvania. Ha infettato una donna di 49 anni con la cistite. Visto che nessun antibiotico riusciva a curarla, i medici hanno cercato di vederci più chiaro. Quello che hanno visto ha spaventato non solo loro, ma il mondo intero. È un batterio della specie Escherichia coli resistente anche all’antibiotico considerato l’ultima linea di difesa in materia di infezioni: la colistina.
La diffusione di microrganismi sempre più forti, capaci di eludere gli attacchi dei nostri farmaci, è un fenomeno noto da tempo. Si chiama resistenza agli antibiotici. Ma fino a ieri, laddove un farmaco si dimostrava inefficace, si tornava all’armadietto dei medicinali per prenderne un altro, poi un altro ancora, fino a quello considerato l’ultima risorsa: la colistina appunto. «Ora l’armadietto dei medicinali è vuoto per alcuni pazienti. Se non interveniamo subito, siamo al capolinea degli antibiotici» ha avvertito Thomas Frieden, il direttore dell’agenzia americana US Centers for Disease Control and Prevention, presentando il caso del “batterio Rambo” pubblicato sulla rivista Antimicrobial Agents and Chemotherapy.
«La resistenza alla colistina è considerata una scoperta simbolica », spiega Giuseppe Cornaglia, direttore della Microbiologia all’Azienda ospedaliera universitaria di Verona e presidente del Gruppo di studio sulla resistenza agli antibiotici della Società europea di microbiologia clinica (Escmid). «Si tratta di un vecchio antibiotico piuttosto tossico. Viene usato quando non ci sono più alternative. Non si può dire automaticamente che tutti gli altri antibiotici siano inefficaci, ma certo non è una bella notizia». Per la49enne con la cistite è stato in effetti trovato un altro farmaco. Ma si trattava di una donna giovane, non grave. «I veri problemi — prosegue Cornaglia — si hanno in ospedale, con i pazienti in condizioni critiche».
Si stima che nel mondo ogni anno l’armadietto degli antibiotici vuoto causi 700mila decessi. Un rapporto del governo inglese, dieci giorni fa, prevede che con la selezione di batteri ancora più forti il bilancio possa arrivare a 10 milioni nel 2050: una persona ogni tre secondi.
La scoperta dell’Escherichia Rambo, pur annunciata con clamore, in effetti non è nuova. Il primo batterio resistente alla colistina fu scoperto con orrore in Cina a novembre del 2015. «Da allora si sono intensificati i test e casi simili sono spuntati un po’ ovunque» spiega Cornaglia. «Segno che noi ce ne siamo accorti ora, ma i ceppi resistenti erano già diffusi». Microrganismi con lo scudo contro la colistina sono stati nel frattempo osservati in animali e uomini in altri paesi asiatici, Canada ed Europa, Italia inclusa. Il fatto che la donna della Pennsylvania non avesse viaggiato significa che probabilmente il ceppo resistente ha messo radici da tempo anche negli Stati Uniti. «Difficilmente il caso della donna resterà isolato» prosegue il medico di Verona.
Anche perché, a rendere la scoperta di oggi più inquietante, c’è il fatto che non è stata esattamente la selezione darwiniana a conferire al batterio il suo carattere da Rambo. A rendere l’Escherichia coli resistente alla colistina è un gene che si chiama mcr-1 e che non si trasmette esclusivamente dal batterio padre al batterio figlio. Mcr-1 viaggia su un “anellino” di Dna che si chiama plasmide ed è staccato dal resto del genoma. I plasmidi vengono trasmessi anche ai “batteri amici”, perfino di un’altra specie, con un semplice contatto. Cornaglia li paragona alle app che si diffondono rapidamente e conferiscono ai telefonini proprietà che prima non avevano.
«Ora rischiamo di entrare in un’era post-antibiotici» ha messo in guardia Frieden. Per evitare uno scenario in cui una ferita, un banale intervento chirurgico o una chemioterapia possono rivelarsi fatali, le autorità sanitarie stanno studiando due strade. La prima è convincere i cittadini a usare pochi antibiotici, per evitare di selezionare i ceppi più resistenti. La seconda è invogliare le case farmaceutiche a scoprire nuovi farmaci. È infatti dagli anni ‘90 che l’armadietto non viene riempito con medicinali davvero nuovi. (Repubblica)
28 maggio 2016