Perdono il colore e il guscio si lacera. Forse a causa di un batterio killer La più grande moria mai registrata in Nord America è una minaccia globale. È IL mistero delle stelle marine: muoiono, d’un tratto e tutte insieme, e non si sa il perché. Succede in Nord America e stavolta è allarme.
Perché quella in corso è la moria più grave della storia ed è stata segnalata su entrambe le coste del continente: questo, spiegano gli scienziati, potrebbe significare che il fenomeno sta diventando globale. E cioè, spiega Carlo Nike Bianchi, ecologo marino dell’università di Genova, «che sia un effetto del riscaldamento degli oceani, che colpisce tutto il pianeta».
La sindrome letale delle stelle marine si presenta in maniera evidente: le stelle sbiancano, perdono i colori sgargianti, il loro guscio si ammorbidisce fino a lacerarsi. Le cause sono sconosciute.
Come racconta la rivista Science , gli scienziati americani stanno cercando di capirlo in una corsa contro il tempo che non ha precedenti. «Anche perché la specie di stella marina più colpita ha un ruolo chiave negli equilibri dell’ecosistema di quelle zone: gli effetti di una sua scomparsa sono molto evidenti, ma anche molto seri, a differenza di quello che succede in altri mari del mondo», prosegue Bianchi.
La prima grande moria delle stelle marine in Nord America fu segnalata nel 1978. In quel caso venne registrato che gli animali malati erano ricoperti da colonie di batteri. Ma non si riuscì a stabilire se questi fossero la vera causa del decesso o un evento secondario: le stelle marine, moribonde per altre ragioni, potevano semplicemente essere più vulnerabili alle infezioni. Si notò anche che il 1978 era stato un anno in cui le acque, nelle zone colpite, si erano fatte particolarmente calde. Ma anche questo, si pensò, poteva essere un caso. Nel 1997 ci fu una seconda moria. Da un anno a questa parte, ne è cominciata una terza. È la più grave ed estesa, e per la prima volta sta interessando anche i freddi (in genere) mari dell’Alaska. Al momento, segnalano i biologi riuniti nel consorzio MARINe, la sindrome ha una mortalità del 100 per cento e colpisce almeno metà dei siti campionati. La ricerca procede, spiegano, ma la soluzione del mistero appare lontana.
Si è visto per esempio che i siti preservati dalla malattia si alternano a zone dove invece è ecatombe. Qualcuno ipotizza che a trasportare un eventuale agente infettivo possano essere gli uccelli o che si tratti di giochi di correnti profonde. E insieme all’ipotesi di un batterio killer, adesso si cominciano a indagare anche virus, parassiti, funghi. «Ma se anche trovassimo uno, o più, agenti infettivi responsabili ultimi della malattia — conclude Bianchi — questo non significherebbe che il caso è chiuso. Perché anche le malattie degli organismi marini dipendono dalla temperatura delle acque e la diffusione dell’infezione potrebbe essere a sua volta un effetto, tra i tanti, del riscaldamento globale».
Repubblica – 5 maggio 2014