Luigi Grassia. Arrivano ancora cattive notizie per l’economia italiana, stavolta la fonte è l’Ocse: l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo ci dice che le famiglie italiane sono sempre più povere. Però si tratta di notizie a consuntivo, cioè che riguardano il passato non recentissimo (gli anni fra il 2007 e il 2012) e non tengono conto dell’avvio della ripresa negli ultimi mesi.
Per adesso facciamo i conti con la recessione. Secondo il rapporto annuale Ocse sugli indicatori sociali, il reddito medio delle famiglie nel nostro Paese ha subìto una diminuzione di circa 2.400 euro dal 2007 (l’anno prima dell’inizio della crisi) al 2012. Nell’Eurozona è una delle batoste più forti, perché la media dei Paesi è stata una contrazione di 1.100 euro. A concorrere a questa riduzione sono vari fattori ma il principale è il deterioramento del mercato del lavoro (meno posti e peggio pagati) per tutte le fasce della popolazione; sono state colpite tutte le fasce della popolazione ma più di tutti hanno patito i giovani. Fra il 2007 e il 2010 il tasso di povertà tra i giovani (18-25 anni) in Italia è aumentato di tre punti percentuali, arrivando al 15,4%, e quello degli under 18 di due punti percentuali toccando il 17,8%. La percentuale di sedici-venticinquenni che non vanno a scuola, non lavorano e non seguono corsi di formazione (i cosiddetti «neet») è schizzata al 21,1%, cinque punti percentuali in più del 2007.
Oltre alle difficoltà del lavoro per i giovani ad avere un impatto importante sulla vita delle persone è anche la «debole protezione per chi ha problemi lavorativi»: nel 2011, il 13,2% ha dichiarato di non potersi permettere di comprare cibo a sufficienza (contro il 9,5% nel 2007) e il 7,2% di aver rinunciato a far ricorso a delle cure mediche per motivi economici. Secondo l’Ocse l’Italia è arrivata alla crisi finanziaria «con un sistema di previdenza sociale scarsamente preparato» al boom di povertà e disoccupazione. Tuttavia potrebbero esserci novità positive in vista: «Le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro e l’estensione del sistema di previdenza sociale rappresentano degli importanti passi nella giusta direzione».
Comunque secondo l’Ocse la povertà e la disoccupazione sono troppo incancrenite e la debole ripresa economica in atto non basterà a invertire la tendenza: «Agli sforzi per una crescita economica solida e duratura – prosegue il rapporto – occorre affiancare investimenti per un sistema di protezione sociale più efficace che permetta di evitare che le difficoltà economiche diventino sempre più radicate nella società».
L’Ocse ritiene necessario che in Italia si introducano il sussidio di disoccupazione universale e sul reddito minimo garantito. «Una delle priorità per il Paese è garantire, assicurare supporto ai gruppi più vulnerabili. Da lungo tempo, si dibatte in Italia di un sussidio di disoccupazione universale e di reddito minimo garantito».
L’associazione di consumatori Codacons mette il dito in un’altra piaga: non solo i redditi sono diminuiti ma c’è stata anche una folle corsa dei prezzi e delle tariffe, solo in parte recepita dai dati ufficiali dell’inflazione. E questo è cominciato da prima della crisi, con la conversione lira/euro: «Il progressivo impoverimento dura dal 2002, anno in cui è raddoppiato il costo del carrello della spesa, ed è ininterrottamente proseguito per 12 anni per colpa del continuo aumento di imposte e tariffe, senza alcun rispetto del criterio della capacità contributiva, mentre stipendi e pensioni venivano congelati».
La Stampa – 19 marzo 2014