Senza materia prima di eccellenza non c’è prodotto finito di eccellenza: un principio fin banale e non certo nuovo. Anche se persino l’eccellenza può essere migliorata. La novità del Metodo Loro Piana sta soprattutto in un altro aspetto: la sostenibilità sociale e ambientale.
Ieri a Pechino sono stati consegnati, per il terzo anno, i «Loro Piana cashmere of the year awards»: i premi sono andati a due coppie di pastori-allevatori della Mongolia, che hanno prodotto un lotto di cashmere grezzo di 13,74 micron per una lunghezza di 29,34 millimetri. Parametri che possono dire poco a noi “profani”, abituati solo a conoscere il prodotto finito, quei maglioni o accessori in cashmere che hanno reso Loro Piana famoso nel mondo. Parametri che agli esperti indicano il miglior risultato in termini di finezza, lunghezza e performance del lotto di cashmere.
Un risultato che non si raggiunge per caso: da qui la parola “metodo”. Lo scopo dell’impegno di Loro Piana è il miglioramento della qualità del cashmere adulto attraverso un uso sostenibile del territorio. Che significa scegliere le capre migliori per accoppiamenti selettivi e razionalizzare la raccolta della fibra per diminuirne la finezza, mantenendo un’elevata quantità di materia per ogni animale. Allevando un numero inferiore di capre quindi, i pastori ottengono comunque buoni volumi annuali di produzione, che si ripercuotono sullo standard di vita e portano a un maggior equilibrio tra animali a due e quattro zampe e l’habitat che hanno in comune. Equilibrio messo a rischio in anni recenti: dal 1949 al 2004 in Cina la popolazione di capre è passata da 2,4 a 25,6 milioni, con conseguenze negative sulla Mongolia interna, un territorio già fragile e in via di desertificazione.
«L’intuizione alla base di questo progetto ci sta dando ragione – spiega Fabio d’Angelantonio, amministratore delegato di Loro Piana –. Sostenere attivamente l’impegno dei pastori, la competenza e il processo di produzione del cashmere di qualità nel pieno rispetto della natura per la nostra azienda è una responsabilità etica».
Il Sole 24 Ore – 24 ottobre 2017