E sono due. Dopo aver bocciato la staffetta generazionale proposta dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, con l’uscita anticipata di un dipendente anziano che lascia il posto a un giovane, sulla riforma delle pensioni il presidente dell’Inps, Tito Boeri, scarta anche un’altra ipotesi. Stavolta le sue critiche riguardano la possibilità di lasciare il lavoro prima con una penalizzazione sull’assegno pari al 2% per ogni anno di anticipo, il progetto dei Pd Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta.
A regime «potrebbe costare 8,5 miliardi di euro» dice in audizione alla Camera Boeri. E parla di «costi elevati», 10,6 miliardi, anche per un’altra ricetta, la cosiddetta quota 100, intesa come somma di età anagrafica e anni di contributi.
Uno dei diretti interessati, Damiano, gli risponde secco: «Trattiamo con il governo, aspettiamo proposte». Ma non è un mistero che, secondo il presidente dell’Inps, l’uscita anticipata dovrebbe essere possibile solo accettando un assegno calcolato con il sistema contributivo, cioè sulla base dei contributi versati, e non con il retributivo, cioè sulla media degli ultimi stipendi.
Ieri il governo ha confermato che anche con i rimborsi ai pensionati per gli assegni congelati, il rapporto fra deficit e Prodotto interno lordo resterà al 2,6%. Sempre ieri l’Inps ha pubblicato i dati sulle assunzioni nei primi quattro mesi dell’anno. Le nuove tabelle confermano l’aumento dei nuovi contratti a tempo indeterminato, sia per lo sconto sui contributi sia per il superamento del vecchio articolo 18: rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso le assunzioni a tempo indeterminato sono state 155 mila in più, con una crescita del 31,4%. «Cresce il lavoro come non succedeva da anni — scrive il premier Matteo Renzi — le riforme servono». Proprio oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri dovrebbero arrivare gli ultimi decreti delegati del Jobs act , la riforma del lavoro. Rischia il rinvio solo il provvedimento che crea l’agenzia unica per le ispezioni. Gli ultimi ritocchi sono per il part- time, per rendere meno rigide alcune variazioni sugli accordi con le cosiddette clausole elastiche e il lavoro supplementare. Ma l’ultimo nodo riguarda i co.co.co. Dal 2016 le collaborazioni che «nascondono» un rapporto dipendente dovrebbero essere trasformate in contratti stabili. Ma sul tavolo c’è l’ipotesi di consentire le «collaborazioni coordinate», in cui il lavoratore accetta espressamente quelle condizioni. Gli imprenditori premono. Oggi, forse, la decisione.
Lorenzo Salvia – Il Corriere della Sera – 11 giugno 2015