Le accuse all’Agenzia delle entrate: «Fa la pesca a strascico». Leggi farraginose, richiami a commi e subcommi, provvedimenti spesso votati a fine anno.
«Una cosa è certa, se dobbiamo fare un appello al legislatore sarebbe quello di semplificare tutto il sistema», dice Lorenzo Zen, ex procuratore capo a Belluno e oggi presidente della Commissione tributaria regionale del Veneto.
Ma soprattutto, visto dai giudici, il vero problema è quello di un modello di accertamento da parte dell’amministrazione fiscale che si basa eccessivamente su sistemi sintetici e presuntivi. «Redditometro», «spesometro», «studi di settore»: gli esempi non mancano. «Ma questo è un problema cardine, perché aumenta il contenzioso», osserva Zen. Sull’ultimo sistema varato dal governo Monti sulla base di provvedimenti assunti dal governo Berlusconi (sulla paternità c’è stato un fuggi fuggi generale) il giudizio per ora è sospeso, anche se si possono intravedere spiragli positivi: «Cerca di essere il più aderente possibile alla realtà, con criteri più estesi – continua Zen – anche se ci complica la vita, perché ci spingerà a verifiche più ampie per vedere se i risultati della presunzione corrispondono alla capacità contributiva reale».
Il presidente della commissione regionale, che è l’organo di appello rispetto alle sentenze delle singole commissioni tributarie provinciali, non nasconde poi la complessità delle questioni in campo. E proprio su questo si innesta la notizia «agrodolce» che finalmente, dopo anni, un maxi-concorso immetterà ben 960 magistrati nel sistema della giustizia tributaria in tutta Italia. Solo magistrati, però, perché l’indirizzo è quello di diminuire il peso di altre figure professionali (tipo avvocati e commercialisti) nelle commissioni.
«La notizia è ottima, perché a livello regionale sono attualmente congelate per mancanza di giudici ben 16 sezioni su 34, mentre nelle commissioni provinciali sono 28 su 64 – osserva ancora Zen – però l’apporto dei cosiddetti “laici” è importante dal punto di vista della conoscenza delle questioni fiscali». Le commissioni nel periodo dell’anno giudiziario (che va dall’1 luglio 2011 al 30 giugno 2012) hanno emesso quasi 8 mila sentenze, in calo rispetto al periodo precedente, non riuscendo a stare dietro al flusso costante di nuovi ricorsi: basti per tutti l’esempio di Padova, dove erano congelate ben 9 sezioni su 15 e dove la pendenza è passata da 2484 ricorsi a 3363.
Nel corso degli interventi della mattinata non sono mancati gli attacchi all’Agenzia delle entrate, soprattutto da parte degli avvocati, difensori del contribuente contro il «mostro» fiscale. «L’Agenzia è ormai un soggetto privato che lavora a budget e questo sistema è incompatibile con uno Stato leale», dice Ruggero Sonino, in rappresentanza dell’Ordine degli avvocati di Venezia. Una metafora comune dice che l’Agenzia pesca a strascico, in modo che nella rete qualcosa resterà. «E il pescatore ha dei premi se pesca o meno – aggiunge Sonino – ma così si calpestano la Costituzione e lo Statuto del contribuente».
«Ho l’impressione che per l’amministrazione la lotta all’evasione si concretizzi in accertamenti “monstre” – ha aggiunto Antonio De Troia, dell’associazione magistrati tributari – dimenticando che forse passa più attraverso un diverso e leale rapporto tra fisco e contribuente».
Lo squilibrio tra le due parti è stata una lamentela costante al microfono e Zen ne prende atto. «Dobbiamo lavorare sempre per difendere la terzietà del giudice – ammette – serve maggior distacco». In realtà i dati dimostrano che il contribuente spesso riesce a far valere le proprie ragioni. Tolti i giudizi intermedi, le materie cessate o i ricorsi inammissibili, a volte le vittorie del contribuente sfiorano la metà e addirittura la superano a Treviso (474 vittorie contro le 377 dell’amministrazione), a Belluno (90 contro 74) e alla commissione regionale (805 contro 779): va malissimo invece ai contribuenti rodigini, che perdono 236 volte e vincono solo 52 volte.
Alberto Zorzi – Corriere del Veneto – 24 febbraio 2013