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«Scelte punitive per l’agricoltura, fisco scoraggia i piccoli»

Punitiva». «Un colpo di spugna alla modernizzazione del settore». «La morte dell’agricoltura». C’è una levata di scudi, generale, del mondo agricolo contro la legge di Stabilità e il suo impatto sul settore. «Ci condanna a rimanere piccoli. Il cambio di regime fiscale costringe l’agricoltura a morire nella propria marginalizzazione».

È drastico il commento di Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, sulla misura voluta dal governo che oltre ad aver appesantito la tassazione sui redditi agrari e domenicali, ha cancellato la possibilità per le società di capitali (che svolgano esclusivamente attività agricola) di optare per l’imposizione su base catastale.

Una «bocciatura completa» quella di Guidi sulla norma, «perché solo in un Paese del Terzo Mondo si cambiano in corsa le regole del gioco e per di più in forma retroattiva». È tutto il mondo agricolo a ribellarsi all’abrogazione di quella che veniva considerata una «conquista» della Finanziaria del 2007 che dava alle società a responsabilità limitata, in accomandita semplice e in nome collettivo la possibilità di scegliere il regime fiscale e di optare per la fiscalizzazione agricola, «una sorta di studio di settore che fa riferimento agli estimi catastali».

Da gennaio 2013 si tornano a redigere i bilanci. Si annulla la legge ma si annulla anche la semplificazione che portava. E «lo stimolo per modernizzare un settore ancora oggi caratterizzato da una forte presenza di aziende individuali (circa l’85%) che non riescono ad affrontare le sfide dell’internazionalizzazione».

Negli ultimi anni il settore si stava attrezzando «con società più strutturate, con forme più moderne di aggregazione in cui capitale e lavoro si mettono insieme per formare un’impresa agricola». E i segnali erano incoraggianti, visto che le società di capitale in agricoltura sono passate «dalle 11 mila del 2010 a circa 19 mila». Il presidente di Confagricoltura non ci sta: «Non c’è niente di peggio che disconoscere una legge di un passato recente: un imprenditore a inizio anno fa un piano di investimento a medio e lungo termine basato su un certo regime fiscale che a fine anno non c’è più. Si trova costretto a riformulare con le banche le forme di finanziamento, con aggravi di costi. Se non peggio». E quando si passa «dai discorsi di principio “l’agricoltura è centrale per l’economia del Paese” alla realtà», tra Imu e aumenti dei redditi agrari, è in atto «una persecuzione del mondo agricolo», un settore che come agroalimentare muove il 16% del Pil ed esporta «10 miliardi di euro, un quarto dell’intero export nazionale». Anche Coldiretti non vede di buon occhio la misura. «Aggiunge carta e burocrazia e non sono sicuro che porti vantaggi alle casse dello Stato — afferma Sergio Marini, presidente di Coldiretti —. Passa un messaggio non vero: non si pensi che in agricoltura ci sia un reddito sottostimato. Con l’aumento dei costi che ci sono stati, molti bilanci saranno vicini allo zero».

Poi c’è l’aumento impositivo. La legge di Stabilità introduce la rivalutazione del 15% del reddito agrario e domenicale, percentuale che scende al 5% per i terreni posseduti da imprenditori agricoli professionali. Un incremento netto «non esagerato, almeno per le imprese individuali» sottolinea Marini «ma è triste che lo Stato si ricordi dell’agricoltura solo in termini impositivi». A quando lo sviluppo, si chiedono gli agricoltori? «Noi facciamo già la nostra parte come cittadini, quest’aumento di Irpef è un’anomalia — dice Marini —. Nei momenti di difficoltà generalmente si pensa a misure di agevolazioni alle imprese».

Corriere della Sera – 17 ottobre 2012

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