La continua discesa delle quotazioni del mais – che al Chicago Board of Trade (Cbot) sono ai minimi da tre anni e più che dimezzati rispetto al record dell’estate 2012 – ha già iniziato a stimolare la ripresa della domanda, gettando le basi per un possibile recupero dei prezzi nel prossimo futuro.
Per il momento gli investitori sono concentrati soprattutto sull’offerta, che promette di essere davvero generosa. Dopo la siccità della passata stagione, la produzione statunitense sembra avviata a risultati spettacolari: nonostante sia partito in ritardo, il raccolto al 27 ottobre risultava già completato per il 73% (contro il 59% alla stessa epoca dell’anno scorso), la resa appare molto soddisfacente e gli analisti sono convinti che il dipartimento per l’Agricoltura (Usda) apporterà significative revisioni al rialzo nelle prossime stime, che questa volta sono attese con particolare trepidazione.
A causa del parziale shutdown degli uffici governativi Usa, in ottobre per la prima volta nella storia l’Usda ha saltato la pubblicazione del World Agricultural Supply and Demand Estimates (Wasde). La prossima edizione del rapporto, aggiornato su base mensile, è in arrivo venerdì. E per il mais il consensus degli analisti indica che la produzione Usa sarà ritoccata a 14 miliardi di bushel, equivalenti a circa 355 milioni di tonnellate: una quantità che sarebbe da record storico. Nel resto del mondo la situazione è altrettanto florida: l’International Grain Council (Igc) ha appena alzato – per l’ennesima volta – le previsioni, portandole a 948 milioni di tonnellate, il 9,8% in più rispetto alla passata stagione, il che dovrebbe portare le scorte globali a 152 milioni di tonn. (+20,6%).
Anche la domanda – grazie all’ampia disponibilità e ai prezzi convenienti – ha comunque ripreso a crescere. Gli Usa stanno esportando a ritmi sostenuti: solo nelle prime tre settimane di ottobre hanno ricevuto ordini per 5,2 milioni di tonnellate. Reazioni positive si stanno inoltre osservando anche sul mercato interno.
Gli allevamenti avicoli – tra i più reattivi, grazie ai tempi di produzione rapidi – stanno già accelerando le vendite di polli e di uova: nei primi nove mesi dell’anno negli Usa le macellazioni di pollame sono aumentate del 4,5% secondo l’ Usda. Ma soprattutto si sta risvegliando il settore dei biocombustibili, capace in passato di picco di assorbire fino al 40% dei raccolti di mais statunitensi.
I distillatori di etanolo godono dei margini più alti da fine 2009 e, con le scorte Usa scese a livelli critici, stanno adesso aumentando la produzione: nella settimana conclusa il 25 ottobre l’output è stato di 911mila barili al giorno, secondo le statistiche dell’Energy Information Administration (Eia), il massimo da giugno 2012. Non solo. I produttori – evidentemente convinti di poter contare a lungo su un mercato favorevole – stanno riportando in funzione numerosi impianti, che in alcuni casi erano fermi da 5 anni. Tra questi Cargill, che lunedì ha riavviato un impianto da 115 milioni di galloni l’anno nell’Iowa, e Noble Group che punta a rimettere in moto a inizio 2014 uno stabilimento nell’Indiana che aveva rilevato in una liquidazione fallimentare.
Il Sole 24 Ore – 6 novembre 2013