di Gianni Trovati. Con una dote iniziale da 200 milioni di euro la macchina dei rinnovi contrattuali nel pubblico impiego difficilmente potrà fare molta strada. A certificarlo è la reazione da parte dei sindacati che, in coro, hanno protestato contro una cifra largamente inferiore alle loro attese e hanno annunciato varie forme di mobilitazione nei prossimi giorni.?Duecento milioni valgono circa il 2 per mille della massa salariale del pubblico impiego (escluse Regioni e autonomie locali, chiamate a pagarsi i costi del rinnovo), per cui si tradurrebbero in aumenti mensili lordi che nei ministeri oscillano intorno ai sei euro.
Stop ai nuovi comparti
Nel tentativo di far comunque partire la trattativa, la manovra prova comunque a sgombrare il campo da uno degli ostacoli alzati dall’obbligo di iniziare ad applicare la riforma Brunetta. La pubblica amministrazione dovrebbe infatti riunirsi in quattro maxi-comparti, rimescolando i confini attuali soprattutto nell’ambito dell’amministrazione centrale divisa fra ministeri, enti pubblici (Inps, Aci e così via), presidenza del Consiglio e agenzie fiscali. La riforma della geografia contrattuale escluderebbe dai tavoli delle trattative una serie di sigle sindacali, che oggi raggiungono le soglie minime per la rappresentatività (media del 5% tra iscritti e voti nelle Rsu) solo grazie alle dimensioni più ridotte delle basi di calcolo rappresentate dai comparti attuali. Per aggirare l’ostacolo, le bozze di manovra circolate finora resuscitano una regola della Finanziaria per il 2009 che permette di attribuire le somme in busta paga in via transitoria anche senza l’accordo con i sindacati (l’articolo 2, comma 35 della legge 203/2008 parla di erogazione «sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative»).
Niente fasce di merito
La mossa servirebbe anche a evitare il secondo problema posto dalla riforma Brunetta, che imporrebbe di istituire in ogni amministrazione le tre fasce di merito per graduare il peso dei premi: impresa difficile in generale, e quasi impossibile con pochi euro lordi a testa sul piatto. In Regioni ed enti locali, invece, il rinnovo peserebbe sui bilanci delle singole amministrazioni, che dovrebbero farlo rientrare nei vincoli alla spesa di personale.
Il Sole 24 Ore – 19 ottobre 2015