di Barbara Gobbi. L’intesa sui tagli tra governo e Regioni attesa per oggi è andata in stand-by per le difficoltà incontrate su un doppio crinale: da una parte quello del braccio di ferro su pesi e responsabilità da assegnare alle imprese (con le Regioni sulla linea dura e la m inistra che difende il suo testo), dall’altro quello delle ricadute sui cittadini. Sullo sfondo, le elezioni alle porte e la costante disparità tra Regioni che già “hanno fatto i compiti” – come dal Veneto non si stancano di ripetere – e altre che come il Molise chiedono attenzione in ragione di Ssr e territori ancora in bilico.
Gli emendamenti proposti in commissione Salute delle Regioni, a lungo dibattuti in sede di “Presidenti” e ora fermi al semaforo rosso dell’Intesa con il Governo sono la cartina di tornasole di questo impasse. Con i tecnici regionali che chiedono: di prevedere il pay-back anche per i dispositivi medici già a partire da quest’anno, di introdurre esplitamente il project financing, in aggiunta alle forme di partnership pubblico-privato, tra le tipologie di contratti di fornitura da sottoporre a rinegoziazione; di inserire nel tetto della spesa farmaceutica anche i costi che verranno sostenuti per i farmaci innovativi (i farmaci per l’epatite C a cui la legge di Stabilità ha dedicato un fondo ad hoc). Testualmente, «la commissione Salute ha precisato che non condivide la posizione del ministero della Salute (…), di non inserire nel tetto della spesa farmaceutica i coosti che verranno sostenuti per i farmaci innovativi che, in questo caso essendo fuori dal meccanismo di pay back, sarebbero tutti a carico delle Regioni senza contributo al previsto ripiano da parte delle aziende farmaceutiche».
E ancora, l’altolà alla revisione del prontuario così com’è stata pensata dalla Salute perchè «quanto previsto scarica i risparmi ipotizzati sui cittadini che dovranno aggiungere di tasca propria la differenza di prezzo tra il farmaco meno costoso e il farmaco più costoso». Da qui la proposta di fissare il livello di rimborso a carico del Ssn «al prezzo della specialità medicinale la cui quota di mercato in DDD, sommata alle altre specialità di prezzo ugiale o inferiore, raggiunga almeno il 60%». Con il corollario che «le aziende farmaceutiche che non abbassano il prezzo al livello di cut off individuati, vedono riclassificati i propri prodotti in fascia C».
C’è poi la stretta sui medici, al capitolo “appropriatezza”: le Regioni picchiano duro chiedendo «misure più stringenti per porre rimedio al danno causato da precsrizioni non appropriate, stanilendo che la responsabilità del prescrittore è patrimoniale (…) per quanto concerne il farmaco indebitamente precsritto, non intervenendo sul trattamento economico accessorio» (come da propsta del ministero).
Infine, l’attenzione a Regioni e Pa a statuto speciale, con la clausola di salvaguardia che vedrebbe applicare il decreto compatibilmente con statuti e norme di autonomia. Ma non solo: «analoga attenzione – si legge nella proposta dei tecnici regionali – è stata avanzata dalla Regione Molise relativamente ad una deroga del regolamento degli standard ospedalieri per i luoghi particolarmente disagiati». Non è un dettaglio: il puzzle delle Regioni a più velocità mal si concilia con interventi pesanti come il taglio da 2,35 miliardi imposto dal Governo. Da qui la scelta delle Regioni di alzare la posta delle richieste. Da qui anche l’allarme rilanciato oggi dal presidente Sergio Chiamparino: senza una rivisitazione del Patto della salute, la situazione per il 2015 sarà difficile e impossibile per il 2016 e il 2017. «Chiediamo che da subito si affronti il tema del Patto della salute perché la necessaria rivisitazione dei Lea, la ridefinizione del sistema dei ticket, che bisognerà accelerare, e la questione dei farmaci innovativi, richiedono un urgente lavoro per rendere sostenibile il Ssn dal 2016. La risposta del Governo è di disponibilità – ha spiegato Chiamparino – verso i nostri emendamenti, ma naturalmente c’è bisogno del tempo tecnico di approfondire la materia che coinvolge il Mef». E chissà se altri otto giorni basteranno.
Il Sole 24 Ore sanità – 16 aprile 2015