Medici senza confini. Ecco i paesi europei che cercano più dottori e infermieri, in testa il Lussemburgo
Camici bianchi cercansi. Luogo di lavoro: Londra, Madrid, Vienna. Il report 2013 dell’European Vacancy Monitor evidenzia la controtendenza delle professioni sanitarie nel mercato del lavoro continentale. La crisi prosciuga opportunità, ma le assunzioni di medici, infermieri, ostetriche e fisioterapisti sono cresciute del 2% tra 2008 e 2010.
Una “corsia felice” nell’ingorgo di disoccupazione, che si quantifica in un milione di contratti registrati nel solo 2012 tra i 28 paesi Ue. Anche per i giovani. Gli over 50 sono una categoria più che rappresentata, soprattutto nelle posizioni dirigenziali. Ma gli esempi contrari abbondano. Il caso scuola, o meglio, d’ateneo è il cardiochirurgo pediatrico Simone Speggiorin: 36 anni, e contratto da primario Glenfield Hospital di Leicester. In Italia, ha sottolineato, sarebbe un «precario della sanità».
Lavoro all’estero, work in progress
L’internazionalizzazione del settore, di per sé, avrebbe chilometri da fare. La media di professionisti della sanità al servizio in un paese diverso da quello d’origine non supera il 7% su scala europa. Per ora. Perché in nove paesi sui 27 monitorati dall’Evm (manca la Croazia, entrata a luglio 2013, ndr), le posizioni aperte ai talenti “fuori sede” si stanno allargando a medie ben superiori. Escludendo l’Italia, che si piazzerebbe addirittura seconda con il 20% di assunzioni, la lista spazia dai paesi baltici alla City londinese.
I nove paesi che assumono più stranieri
Quali sono i paesi che cercano più professionisti fuori dalle università di casa? Nel Lussemburgo, alla ricerca sistematica di personale medico e paramedico per la sua piccola struttura ospedaliera, i professionisti della sanità con passaporto diverso da quello del Granducato sono il 35% del totale. Più di uno su tre. Seguono Irlanda (16%), Estonia (circa 13%), Austria, Cipro e Spagna (10%), Regno Unito (circa 9%) e Lettonia (8%). Nel solo Lussemburgo, il numero di impiegati è salito del 6% tra 2011 e 2012. Se il criterio si sposta dalla quantità alle fonti, però, la mappa si allarga. O si restringe.
Il Regno Unito infoltisce da sempre l’organico del National Healt Service con professionisti laureati fuori dall’Isola. Ma i cittadini europei si contendono solo il 7% di un canale dominato dalle eccellenze extra-continentali: i camici bianchi che si sono formati fuori dai college di Sua Maestà provengono per il 28% da India, Caraibi e Africa.
L’esatto contrario di quanto succede in Germania. A Berlino e dintorni, la professioni sanitarie inseriscono in organico poco più del 6% di laureati stranieri. Ma il bacino di riferimento sono paesi Ue come Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania e Polonia.
17 settembre 2013