Mucca pazza: per l’Ecdc non si può escludere che a veicolarla all’uomo siano anche capre e pecore. In una recente nota dell’European Centre for Disase Prevention and Control, l’Agenzia europea sulle malattie infettive, parrebbero potersi rivedere alcuni assiomi relativi alla trasmissibilità delle encefalopatie spongiformi.
Come ormai assodato, la malattia è causata da una proteina responsabile della formazioni di placche cerebrali che, a lungo andare, compromettono le funzioni vitali.
Secondo i dati finora disponibili, l’uomo può ammalarsi della variante propria della sua specie (morbo di Creutzfeldt-Jakob) dopo avere assunto parti di bovini affetti dal cosiddetto morbo della mucca pazza (Encefalopatia Spongiforme Bovina). I bovini l’avrebbero a loro volta maturata dall’assunzione di farine animali trattate a bassa temperatura e probabilmente ricavate da ovini e caprini i quali soffrono della variante propria della specie (Scrapie). Quest’ultima è nota già da alcuni secoli, ma la presenza della variante bovina è vecchia solo di alcuni decenni. Sta di fatto che nel recente parere negativo fornito dalla EFSA (vedi articolo GeaPress), European Food Safety Authority , con la quale ora ha collaborato la ECDC, si è raccomandato di mantenere una rigida compartimentazione nella lavorazione di farine appartenenti a differenti specie animali. Tra l’altro, sebbene il livello di sicurezza della carne bovina europea sia molto alto, non si può ad oggi ancora escludere una residuale possibilità di contaminazione (le farine carnee come alimento per gli animali sono ancora vietate).
La nota che ora fanno pervenire entrambi gli organismi europei potrebbe rivedere le certezze sulle modalità di contagio finora assunte. La linea che poneva in connessione diretta ovini e caprini con i bovini e questi ultimi con l’uomo (escludendo cioè il passaggio diretto all’uomo senza l’interposizione bovina) potrebbe in teoria anche non essere così. Questo perché il database ricavato sul gruppo di encefalopatie spongiformi è troppo recente per avere dati certi. Se da un lato rimane confermato non esservi alcun caso documentato del passaggio da capre ed ovini all’uomo, non è detto che questo non sia possibile.
Un motivo in più per riflettere non solo sulla scelta vegetariana ma anche sul mostruoso meccanismo instaurato negli anni passati, ovvero di fare diventare carnivore delle specie tipicamente vegetariane. Giova appena ricordare che la mancata distruzione del prione (questo il nome della proteina incriminata) avvenne perché alcune industrie scozzesi, per risparmiare sui costi di produzione, abbassarono le temperature di preparazione. (GEAPRESS – 24 gennaio 2011)