Le banche potranno appropriarsi direttamente della casa dei creditori inadempienti, in ritardo con le rate del mutuo, senza far ricorso al giudice per l’esecuzione immobiliare. Lo stabilisce una norma dell’Atto del governo n.256, uno schema di decreto legislativo che attua una direttiva Ue. Obiettivo, spiega la relazione tecnica al provvedimento, quello di «snellire e abbreviare le procedure in caso di inadempimento del debitore, senza dover far necessariamente ricorso a procedure esecutive giudiziali che si dimostrano molto lunghe e complesse, riducendo pertanto il rischio e i costi esecutivi gravanti sul finanziatore».
A vantaggio esclusivo delle banche, denunciano diverse associazioni dei consumatori: in particolare Confedercontribuenti ha lanciato una raccolta di firme che verrà consegnata ai presidenti di Camera e Senato. Contrari anche diversi esponenti politici e la Fiaip, la federazione degli agenti immobiliari: «E’ evidente – dice il presidente Paolo Righi – come il governo con il pretesto del recepimento della direttiva europea 17 del 2014 voglia accelerare al massimo il recupero dei crediti inesigibili da parte delle banche e agevolare in ogni modo le vendite forzose degli immobili da parte degli istituti di credito». Anche il Movimento 5Stelle si scaglia contro «il decreto legislativo che sdogana il patto commissorio (l’accordo che prevede il trasferimento del bene al creditore, ndr) e consente alle banche di espropriare in via diretta gli immobili dei cittadini che hanno una qualche difficoltà a rimborsare un mutuo». A far scattare la norma bastano sette pagamenti ritardati oppure il mancato pagamento di una rata (passati i 180 giorni).
Fortissime perplessità anche da parte dei parlamentari della maggioranza: «Non si possono mettere tutti i consumatori sullo stesso piano – rileva Lucrezia Ricchiuti, senatrice Pd e relatrice alla commissione Finanze del Senato del provvedimento – Anche sulla base delle discussioni finora tenute, nel parere che presenterò nei prossimi giorni intendo chiedere una distinzione tra chi ha acceso un mutuo per comprare l’unica casa di proprietà e chi magari ha altre case. Inoltre mi preoccupa molto la possibilità per le banche di modificare in modo unilaterale anche i contratti già in essere». L’articolo inoltre stabilisce che il valore del bene, che la banca potrebbe a questo punto mettere in vendita direttamente trattenendo quanto dovuto e restituendo al debitore le somme che rimangono, venga stimato “da un perito scelto dalle parti di comune accordo”: «Credo che in questo modo si cristallizzino situazioni che non vanno bene – osserva la senatrice Ricchiuti – chiederò che ci sia una rotazione nella scelta dei valutatori».
Eppure è proprio la presenza del perito a garantire i consumatori, si fa notare da fonti bancarie: ha il compito di stimare il valore dell’immobile che quindi avrà così una valutazione migliore rispetto al ricavato di una vendita all’asta. E se dovesse valere meno dell’ammontare dovuto alla banca, comunque si prevede che il trasferimento del bene o del ricavato della vendita estingua il debito in ogni caso. Inoltre si tratta di una possibilità, non di un obbligo: “le parti del contratto possono convenire espressamente, al momento della conclusione del contratto di credito o successivamente”, recita l’articolo. E’ facile però immaginare che chi richiede un mutuo non abbia molta voce in capitolo sulle clausole contrattuali. Anche i tecnici parlamentari fanno notare come la norma sia pensata anche a vantaggio dei consumatori: «Dovrebbe contribuire ad ampliare la possibilità di credito da parte delle banche». Però sottolineano anche lo squilibrio tra le parti al momento della stipula del contratto, e chiedono chiarezza sulla possibilità di inserire questa clausola “successivamente” alla stipula del contratto di mutuo, rendendola, di fatto, retroattiva.
Repubblica – 1 marzo 2016