La riforma delle Province crea 15mila «caselle» in più ma senza aumentare i costi Sulla parità di genere spinta anche nelle liste. Un leggero antipasto è stato servito ieri dagli 11 Comuni andati al voto in Trentino-Alto Adige, ma il piatto forte delle elezioni amministrative di maggio è in programma per il 25.
Un piatto forte finora oscurato dal dibattito intorno ai provvedimenti del Governo Renzi e dalla campagna elettorale per le europee, ma questa tornata amministrativa presenta numeri di gran peso: nei 4.106 Comuni al voto (il 50,7% del totale) sono in palio 67.754 posti da sindaco, consigliere o assessore, e nelle liste dovranno comparire decine di migliaia di donne in più rispetto al passato: nelle giunte saranno riservati a loro almeno 2.858 posti nei 1.613 Comuni che contano più di 3mila abitanti e sono interessati dalle urne di maggio.
Per le amministrative 2014 entrano in gioco infatti due novità che interessano da vicino la politica locale. Una è recentissima, ed è scritta nella riforma Delrio, che oltre a cancellare il turno elettorale nelle Province riporta agli antichi fasti gli organi politici dei Comuni fino a 10mila abitanti. In pratica, con un ritocco di quattro righe (articolo 1, comma 135 della legge 56/2014), la riforma cancella la riduzione di consigli e giunte prevista dalla manovra-bis del 2011, preparata sull’onda della tempesta scatenata dallo spread, e mette in gioco alle prossime amministrative 14.928 “posti” in più (12.312 consiglieri, e 2.615 assessori) rispetto a quelli che sarebbero stati resi disponibili dalle regole del 2011. Attenzione, però, i costi non dovrebbero poter salire rispetto a quelli già previsti, perché la regola chiede agli enti di ricalcolare gettoni e indennità per «assicurare l’invarianza della relativa spesa», e secondo il Viminale il termine di paragone è rappresentato dalle uscite (alleggerite) che si sarebbero determinate con l’applicazione dei tagli 2011.
La seconda novità riguarda le «quote di genere», con cui si prova ad assicurare almeno nella politica locale quella parità che per ora non ha trovato spazio nella riforma della legge elettorale per il Parlamento. Il tentativo poggia su due regole: una è contenuta ancora una volta nella riforma Delrio, e prevede che nelle giunte dei Comuni con più di 3mila abitanti nessuno dei due sessi possa occupare più del 60% dei posti. Per quel che riguarda i consigli comunali, invece, l’ultima parola tocca ovviamente agli elettori (alle amministrative, come alle europee, ci sono le preferenze), ma le regole provano almeno a orientare le loro scelte. A farlo è la legge 215/2012, che si applica nei Comuni con più di 5mila abitanti (1.016, uno su quattro fra quelli interessati al voto) e vieta a ciascun genere di occupare più di due terzi dei posti in lista.
A conti fatti, dopo il 25 maggio dovrebbe raddoppiare il numero delle donne nelle giunte, almeno sopra i 3mila abitanti, visto che oggi i loro colleghi maschi occupano il 79,7% dei posti in giunta nei Comuni fino a 15mila abitanti e il 75,7% in quelli degli enti più grandi. Sarebbe utile, da questo punto di vista, che le esigenze di parità si spingessero anche alla carica di sindaco, perché ancora oggi la politica si fa più maschile quando si sale la scala gerarchica: nei Comuni fino a 15mila abitanti le donne sindaco sono il 12,1% del totale e la loro quota scende all’8% nei municipi più grandi.
Com’è naturale, sul piano politico le sfide più importanti si giocano nei grandi Comuni e quasi sempre è il centrosinistra a dover difendere la posizione: dalla Firenze di Matteo Renzi alla Bari di Michele Emiliano, vicepresidente dell’Anci, passando per Padova dove Ivo Rossi corre per rendere strutturale la sostituzione di Flavio Zanonato, che ha lasciato nel 2013 la guida della città per diventare ministro dello Sviluppo economico del Governo Letta (e ora corre alle Europee). Il centrodestra prova invece a difendere Prato, dove Roberto Cenni tenta il secondo mandato: stessa sfida per Franco Tentorio, a Bergamo, e per l’altro vicepresidente dell’Anci, Alessandro Cattaneo, a Pavia.
Il Sole 24 Ore – 5 maggio 2014