È l’hangar di un aeroporto? Un’astronave? Uno stadio futuristico? Visto da fuori, il Francis Crick Institute sembra una forma aliena planata misteriosamente a Londra, dietro la British Library e di fianco a St. Pancras, la stazione da cui parte l’Eurostar, il treno che in due ore porta a Parigi. Visto da dentro, dà l’impressione di un mondo nuovo: come avventurarsi in un’odissea nello spazio, solo che lo spazio in questione è quello della scienza.
Niente pareti, niente muri, soltanto vetrate e una grande vasca comune di open space, «per facilitare lo scambio di idee e farne nascere di nuove», spiega Jonathan Wood, il media manager dell’istituto, che mi accompagna nella visita al più grande centro di ricerca biomedica d’Europa. D’Europa? Ebbene sì, la Gran Bretagna è ancora in Europa, geograficamente parlando, anche se in giugno ha votato per uscire dall’Ue. «Perderemo 4-5 milioni di sterline l’anno di finanziamenti che sarebbero venuti dalla Ue e speravamo che quella cifra sarebbe cresciuta», dice Wood, «ma sono una piccola parte del nostro budget di 130 milioni di sterline l’anno. E comunque ci sono tanti europei fra gli scienziati del Crick. Il nostro obiettivo è aprire le frontiere della conoscenza, non tenerle separate, e per realizzarlo dobbiamo attirare le menti migliori, da qualunque paese».
Non per nulla l’avveniristica costruzione in cui ci troviamo prende il nome da uno degli co-scopritori del Dna, il biologo britannico Francis Crick, che condivise nel 1962 il Nobel con James Watson e Maurice Wilkins; ed è diretto da un altro premio Nobel, Paul Nurse, eminente genetista, ex-presidente della Royal Society. Il cui ufficio, al secondo piano, è una gabbietta di vetro di due metri per quattro, grande esattamente quanto quello della sua segretaria e di ogni altro dei mille e più scienziati alle sue dipendenze. Eguaglianza e trasparenza: le due formule su cui si regge questo edificio di dodici piani, otto sopra il livello del suolo, quattro sotto, grande come due campi da calcio, per un totale di 80mila metri quadri. Gli architetti di Hok e Plp, due degli studi più famosi del pianeta, lo hanno disegnato (a un costo di 660 milioni di sterline) secondo la struttura del cromosomo: un impianto centrale e quattro arti, due lunghi, due corti. Perfino gli ascensori sono scientifici: i tasti sono all’esterno, una volta entrati è il lift che prende il comando e sa dove portarti.
In un certo senso il Crick è l’evoluzione darwiniana della ricerca: nato non a caso nel paese che ne è stato l’avanguardia e la guida, quando fra Impero britannico e rivoluzione industriale era la prima superpotenza mondiale. Viene dall’unione fra le forze dei principali centri di ricerca britannici, Medical Research Council, Cancer Research Uk, Wellcome Trust, e tre prestigiose università londinesi, Ucl, Imperial College, King’s College, più un partner dell’industria farmaceutica, Glaxosmithkline. Ci sono voluti undici anni dall’idea originale al progetto ultimato. Nel frattempo sono cambiate molte cose, a Londra un governo conservatore ha sostituito quello laburista e il Regno Unito ha deciso di divorziare dalla Ue. Ma non è cambiato lo spirito dell’iniziativa. «La Gran Bretagna è una grande nazione scientifica», afferma il suo direttore Paul Nurse, «e il Crick è il simbolo di una scienza aperta a tutti».
Non solo agli scienziati: le porte dell’istituto saranno aperte anche al pubblico, nel grande spazio- caffè al pianterreno, alle scolaresche, in un’ala chiamata Discovery (Scoperta), a mostre, letture e simposi, contribuendo a rivitalizzare quello che era un quartiere negletto e sta diventando una delle nuove gemme di Londra. Lo scopo principale, naturalmente, è la ricerca: «Comprendere meglio i misteri del corpo umano, sperimentare farmaci migliori», riassume la mia guida Wood. L’intento è trovare nuovi modi per curare cancro, disturbi cardiaci, infezioni e malattie neurologiche. L’istituto definisce il suo programma come l’esplorazione di «sette grandi interrogativi scientifici»: in che modo un organismo vivente acquista le sue funzioni? Come si mantiene la salute durante l’invecchiamento? Come si diffondono i tumori e come rispondono alle terapie? In che modo il sistema immunitario sa come e quando reagire? Come funzionano i microbi? E in che modo raccoglie informazioni il sistema nervoso? Dalle pareti di vetro dell’ultimo piano, da cui si gode una magnifica vista di Londra, pare di intravedere le risposte. Ma è nei sotterranei che si cercano concretamente, dove la dottoressa Raffaella Carzaniga, milanese di nascita, da venticinque anni in Inghilterra, insegna a un dottorando la colorazione negativa di una proteina su un enorme microscopio alto due metri. Verso l’infinito e oltre: l’odissea del Crick è appena iniziata. Chissà dove ci porterà.
Repubblica – 4 settembre 2016