Ecco le misure principali traslocate in extremis nel disegno di legge varato ieri in consiglio dei ministri che non sono entrate nel decreto legge (come si voleva in un primo momento) per mancanza di coperture che ora dovranno essere trovate, ma avendo a disposizione i tempi più lunghi che servono per far diventare legge un Ddl.
Tra le misure principali dei 15 articoli di cui è composto il provvedimento c’è appunto la possibilità di aumentare del 20% le tariffe orarie per il personale per i servizi aggiuntivi contro le liste d’attesa. Non solo: le regioni possono destinare risorse aggiuntive per la contrattazione collettiva integrativa privilegiando le specialità mediche più carenti o con condizioni di lavoro più disagiate (come i medici che lavorano nei pronto soccorso) «nell’ambito delle disponibilità dei propri bilanci». Come detto c’è poi la possibilità per gli specializzandi di incarichi libero professionali fino a 10 ore settimanali (oggi sono fino al massimo a 8 ore). Confermate le misure contro i gettonisti con la possibilità di assumere con contratti di lavoro autonomo. Inoltre le Regioni assegnano obiettivi annuali sulla riduzione delle liste di attesa per la valutazione e la verifica dell’attività dei direttori regionali della sanità e dei direttori generali delle aziende. In base al raggiungimento o meno di tali obiettivi sono previsti premi (aumento della retribuzione di risultato non inferiore al 10%), sanzioni (decurtazione del 10% della stessa voce) fino anche alla revoca o al mancato rinnovo dell’incarico. Una misura, quest’ultima, che non piace ai manager di Asl e ospedali: « I nostri contratti prevedono già delle valutazioni sulla base dei risultati raggiunti, siamo disponibili a riorganizzare l’erogazione delle prestazioni nelle nostre aziende ma non possiamo essere chiamati a rispondere per eventuali mancanze di risorse o professionisti», avverte Giovanni Migliore, presidente di Fiaso. Critici anche i sindacati dei medici ospedalieri che parlano di una «sola certezza: l’incertezza dei finanziamenti». Per Anaao Assomed e Cimo-Fesmed «ridurre i sempre più lunghi tempi di attesa è un diritto del cittadino e un dovere del Governo, ma occorrono misure strutturali con risorse adeguate e durature nel tempo. È quindi inimmaginabile separare gli interventi organizzativi dai finanziamenti, rinviando questi ultimi ad altri tempi».
Ieri il consiglio dei ministri ha anche approvato una «deliberazione motivata» che autorizza l’adozione dello schema di Dpcm di sospensione del Presidente dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas), Enrico Coscioni.